TATIYAK - Cineforum Inuit 2012

An eskimo and his kayak
Regia di Gino Watkins
Protagonisti: gli Inuit di Ammassalik ed i compagni di Watkins nella spedizione del 1932
Film muto in bianco e nero con 16 titoli in inglese
Durata 12 minuti

Scheda a cura di Tatiana Cappucci

An eskimo and his kayak è un breve documentario della prestigiosa collezione di archivio della BCU (British Canoe Union).
Realizzato nel 1932 dal giovane esploratore inglese Henry George “Gino” Watkins, nel corso della sua ultima e sfortunata spedizione in Groenlandia, racconta non solo del suo incontro con gli Inuit di Ammassalik ma anche delle sue prove in kayak per imparare ad eseguire l’eskimo.
Primo europeo a cimentarsi nella manovra, apprende dai cacciatori Inuit di quello sperduto villaggio della costa orientale della Groenlandia a manovrare con perizia il kayak per poter affrontare in autonomia la spedizione e le conseguenti necessarie battute di caccia.
I suoi tre compagni di spedizione troveranno un giorno il suo kayak vuoto sulla banchisa, i suoi abiti bagnati deposti pochi più in là: del suo corpo non se ne è più trovata traccia e l’ipotesi più accreditata è che sia morto di ipotermia durante una solitaria caccia alla foca.
A soli 25 anni Gino Watkins era già diventato un esploratore famoso e rispettato: per prepararsi alla sua prima spedizione in Groenlandia orientale del 1927, poi annullata per mancanza di fondi, dormiva con le finestre aperte per abituarsi al freddo polare; dopo aver raggiunto Edge Island nel 1927, un’isola disabitata della Norvegia artica affacciata sulla costa orientale della più grande Spitzbergen nell’arcipelago delle Svalbard, Watkins prese parte ad altre spedizioni in Labrador ed in Groenlandia orientale; tra il 1930 ed il 1931 entrò nella famosa British Arctic Air Ruote Expedition ed esplorò i 1500 km di costa tra Ammassalik e Scoresby Sound verso Nord, usando la “Quest”, la vecchia barca di Sir Ernest Shackeleton.
Nel 1932 torna in Groenlandia per tentare di aprire una rotta tra l’Europa ed il Nord America e soggiorna a lungo presso la comunità Inuit di Ammassalik per perfezionare la navigazione in kayak.
Impara così l’eskimo dagli stessi cacciatori.
Tantissime fotografie scattate nel corso della spedizione BAARE del 1930-1931, tra cui moltissime scattate durante le esercitazioni in kayak, sono reperibili a questo link: http://www.spri.cam.ac.uk/library/pictures/catalogue/baare/browse/
In un articolo scritto nel 1998 e rivisto nel 2004 da Duncan R. Winning, Presidente Onorario della Scottish Canoe Association e della Historic Canoe & Kayak Association, ho letto che uno degli insegnanti di eskimo di Gino Watkins sembra essere stato proprio il leggendario groenlandese Manesse Mathaeussen, una figura di spicco per la reintroduzione del kayak nella costa orientale della Groenlandia nel corso degli anni Ottanta (1980!).

Un bel libro sulla storia di Gino Watkins è stato scritto da James Maurice Scott, “Dancing in ice”, ed è facilmente reperibile sul web.
John D. Heath, altra mitica figura di grande appassionato della cultura Inuit, parla del kayak di Gino Watkins con dovizia di particolari, dispensa misure, caratteristiche e storia nel suo corposo lavoro “Eastern arctic kayaks: history, design, technique”. Racconta anche della spedizione inglese del 1932 e spiega che i kayak utilizzati da Gino e dai suoi compagni erano estremamente instabili e piccoli, adatti a persone magre perché il pozzetto era largo appena 35,4 cm!
In effetti, in alcune scene girate in Groenlandia, si vede bene la titubanza con cui gli uomini bianchi prendono il mare nei loro kayak, poche pagaiate in avanti e poi subito all’indietro per recuperare la riva. Ma Gino Watkins si prodiga a lungo per aiutare i suoi compagni di spedizione ad affinare la tecnica di navigazione in kayak, convinto di avere a disposizione i migliori maestri possibili, essendo i cacciatori di Ammassalik i più bravi kayakers dell’Artico. Una delle prime schede del documentario spiega infatti che, dovendo usare il kayak per la caccia alla foca, gli Inuit avevano acquisito una completa padronanza di queste piccole imbarcazioni ed avevano scoperto diversi modi per recuperare la posizione di equilibrio iniziale. Tanto esperti che, con l’aiuto di una barca a motore, uno dei cacciatori mostra anche cosa può accadere quando un narvalo arpionato tenta di scappare...
Watkins contestava quanto sostenevano molti viaggiatori europei, che fosse cioè impossibile per un bianco usare il kayak in maniera efficiente, mentre lui era convinto, e lo dimostrò, che gli europei avrebbero potuto acquisire in kayak la stessa dimestichezza degli Inuit: i dieci membri della spedizione inglese del 1932 si allenarono duramente nel corso di un mese intero e alla fine tutti potevano eseguire correttamente l’eskimo a destra e addirittura un paio di loro anche l’eskimo senza pagaia, cosa che solo pochi Inuit erano in grado di fare.
Il giusto orgoglio per la riuscita lo aveva convinto a portare un paio di kayak in legno e pelli di foca in Inghilterra e, come si vede nel corso del documentario, a fare una serie di esibizioni nel River Cam, in condizioni meno estreme dell’Artico, tanto che il suo compagno John Rymill si esercita in canottiera bianca. Anche se ad un certo punto indossa uno splendido anorak decorato. I due si esibiscono nell’eskimo, nel lancio dell’arpione e nei salvataggi in caso di fallimento dell’eskimo. Le tecniche, per quanto efficaci, non erano raffinate ed in alcuni casi si assiste al fallimento della manovra, oppure alla riuscita dopo ben due tentativi, quando ormai il compagno si era tuffato in acqua per raggiungere il kayak del malcapitato. La pagaia utilizzata da Gino Watkins durante le esercitazioni è un modello tradizionale in legno con il bordo rinforzato in osso, come anche la punta, arrotondata e bianca. La mano esterna stringe l’estremità della pagaia come una pinza, e questa posizione è stata a lungo adottata prima di recuperare la più rilassata ed efficace posizione groenlandese intorno alla pala.

           

Diverse sequenze sono proposte al rallentatore ed alcuni eskimi sono eseguiti con vera maestria, come quello a pala lunga in appoggio basso, l’eskimo da tempesta in perfetta posizione di chiusura in avanti. La pratica prevede anche l’eskimo con il legno da lancio e con le mani, sia a destra che a sinistra e colpisce la determinazione dei compagni di Watkins nell’esercitarsi in acque invase da piccoli icerberg.
Il documentario si chiude sulle scene di una trasferta in barca dell’intera comunità, i cacciatori sui kayak armati di tutto punto, arpioni, galleggiante (avatak) e velette per la mimetizzazione, le donne sull’umiak, remando in sincrono con remi ad una sola pala.
Le 16 tavole con poche frasi esplicative rendono bene la sequenza di immagini e anche se non c’è traccia di dialoghi, né tanto meno di colonna sonora, il documentario rende merito all’attività svolta da Gino Watkins, che rappresenta una pietra miliare nella diffusione in Europa del kayak da mare groenlandese.
 

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