Atanarjuat
– The fast runner è il primo film scritto, diretto e prodotto da un regista
Inuit.
Uscito nelle sale nel 2001, Atanarjuat è uno spettacolare “action thriller”
ispirato ad una antica leggenda popolare in cui si scontrano l’amore, la morte,
la gelosia, la vendetta e soprattutto la lotta senza tempo tra le forze naturali
e gli spiriti soprannaturali.
E’ stato accolto da una critica entusiasta: una pietra miliare, un film epico,
un affascinante documento culturale, un film di una bellezza singolare, una
storia millenaria totalmente nuova, una spontaneità affascinante, una location
straordinaria carica di immagini inondate dalla fredda luce artica, una
interpretazione indimenticabile degli Inuit protagonisti.
Ha vinto la Camèra d’oro al Festival di Cannes del 2001, oltre a numerosi altri
premi nei festival internazionali di Toronto, Montreal, Edimburgo, anche se in
Italia è passato in televisione su un canale culturale e solo a tarda ora.
Sul sito internet www.atanarjuat.com è possibile reperire curiosità ed aneddoti
sul film, foto di scena, interviste agli attori e persino la mappa della corsa
disperata di Atanarjuat sui ghiacci.
La trama del film è avvincente e la favola orale diventa insegnamento etico.
Il diavolo assume le fattezze di uno sciamano ignoto e sconvolge l’equilibrio di
una piccola comunità di Inuit nomadi. Passano gli anni, ne passano venti. Due
fratelli, legati da un profondo vincolo di sangue e di solidarietà, tentano di
rompere quello schema diabolico: Amaqjuaq il forte ed Atanarjuat il corridore
veloce. Atanarjuat ottiene la mano della bella Atuat, sottraendola così al
vanitoso figlio del capo villaggio, Oki. Quando Atanarjuat prende con sé la
seconda moglie Puja,
l’occasione sembra propizia per insinuare odio e gelosia tra i due fratelli:
Puja seduce Amaqjuaq, getta lo scompiglio nella famiglia, viene scacciata e si
rifugia dal fratello Oki, mentendo sull’accaduto e chiedendo vendetta. Oki tende
così un agguato ai due fratelli durante il sonno. Amaaqjuaq soccombe, Atanarjuat
scappa. Atanarjuat corre veloce, corre lontano, corre nudo sui ghiacci della
primavera artica, corre per sottrarsi alla morte, corre tanto da bruciarsi i
piedi, corre fino a raggiungere miracolosamente una tenda di anziani ospitali ed
accudenti che lo nascondono ai suoi inseguitori.
Atanarjuat corre veloce, ma potrà correre così veloce da scampare alla vendetta?
Atanarjuat ripropone così una antica leggenda popolare Inuit, tramandata
oralmente nei secoli dai vecchi del villaggio di Igloolik per insegnare ai
giovani il pericolo mortale di anteporre il proprio desiderio personale ai
bisogni della collettività, minaccia reale in un ambiente estremo in cui la
sopravvivenza del singolo è indissolubilmente legata alla sopravvivenza del
gruppo.
Tra i ghiacci del grande nord è impossibile sopravvivere da soli, l’unica
salvezza è la comunità.
Essere scacciati dal villaggio significa andare incontro a morte certa.
Per vivere in pace è richiesta pace, rispetto e sincerità.
Il regista racconta: “Atanarjuat è una storia universale che suscita emozioni
comprensibili in tutto il mondo e allo stesso tempo è anche una storia tutta
Inuit: l’abbiamo sentita da bambini, narrata e recitata da personaggi Inuit e la
vogliamo raccontare com’è stata tramandata a noi. Vogliamo far vedere come
vivevano gli Inuit secoli fa, quali erano le loro abitudini, i loro problemi, le
loro credenze. Come vestivano i nostri antenati, come cacciavano, come domavano
i cani, come superavano i tempi duri, come ridevano, come si confrontavano con
il male e come lo superavano”.
Se altri popoli primeggiano per la costruzione di templi, per la forgiatura di
monete, per la attitudine alla guerra, il popolo Inuit (che non ha nel suo
vocabolario una parola per dire “guerra” ma ne ha ben 49 per dire “neve”)
eccelle per la capacità di raccontare storie, di intrattenere e di affascinare,
di tramandare informazioni preziose e complesse con racconti carichi di
significato.
Atanarjuat racconta di sciamani potenti, di gruppi nomadi, di donne tatuate dai
capelli mirabilmente intrecciati, di coltelli di osso e di pietra, di slitte
costruite con legno e pelli, di abiti di pelliccia di volpe, di orso e di
caribù, di case di ghiaccio e di pietra, di lampade tenute vive con il grasso di
foca, di primavere trascorse nelle tende, di legami familiari e di lavori
quotidiani.
Non è un film documentario, come Nanook of the north, ma un dramma potente che
racconta la vita degli Inuit attraverso piccoli particolari e dettagli
importanti, una storia universale che scardina lo stereotipo del selvaggio
esotico e misterioso, un racconto di sentimenti forti chiaramente comprensibili
a tutti in ogni angolo del mondo.
Il film è stato interamente girato ad Igloolik, un villaggio di 1.200 abitanti
dove la troup, composta prevalentemente da Inuit, ha trascorso i sei mesi delle
riprese vivendo secondo le abitudini locali. L’attore che interpreta Atanarjuat
è un attore, regista e scultore famoso, le cui opere sono esposte in molte
collezioni Inuit; l’attrice che interpreta Atuat, la moglie di Atanarjuat,
lavora per l’amministrazione locale di Igloolik, il Government of Nunavut;
l’attore che interpreta Oki, il rivale di Atanarjuat, vive stabilmente ad
Igloolik e lavora a tempo pieno come cacciatore; l’attrice che interpreta Puja,
la seconda moglie di Atanarjuat, ha due figli e dopo l’esperienza
cinematografica ha seguito un corso di management ad Ottawa; l’attrice che
interpreta la donna saggia del villaggio è una sarta ed una artista molto
conosciuta, promotrice della Igloolik’s Arnait Video Production, un collettivo
di donne che realizzano video dal 1991 secondo un’ispirazione ed
un’interpretazione prettamente femminile…
Chissà se arriveranno mai in Italia i loro lavori!
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