TATIYAK - letture

Angmagssalik
Là dove ci sono i pesci

Ottorino Tosti – Le guide del Dragomano - Genova 2013

Scheda del 30 novembre 2013 a cura di Tatiana Cappucci

Il libro di Ottorino Tosti è un piccolo capolavoro della letteratura di viaggio.
Trasuda amore per la Groenlandia e per la regione orientale di Angmagssalik da ogni pagina.
E’ una guida sui generis per conoscere da vicino la realtà difficile di quel popolo artico.

Quando mi accade di pensare alla mia fanciullezza
e ricordare tutte le vecchie memorie di quei giorni
allora la gioventù sembra il tempo
in cui ogni cibo era succoso e tenero
e nessuna preda troppo veloce per il cacciatore.
Ora, ho soltanto le vecchie storie
e i canti da ricordare.

Con questo canto malinconico di un vecchio cacciatore Inuit si apre il racconto dell’autore.
Da Genova, sua città natale, Ottorino ci accompagna fino al circolo polare artico, volando su un traballante elicottero della compagnia di bandiera groenlandese che collega giornalmente Tasiilaq, il centro più importante ed il capoluogo di Angmagssalik, all’aeroporto internazionale di Kulusuk, “il petto nero di un’uria” nel nome locale.

Le guide della collana *Il Dragomanno* conducono per mano il viaggiatore all’essenza del viaggio: non solo offrono uno sguardo complessivo generale dei luoghi ma esortano anche e soprattutto a soffermarsi sui particolari che li rendono caratteristici e spesso unici.
Il volume di Ottorino su Angmagssalik ha l’ambizione di farci entrare nello spirito del luogo con un linguaggio semplice e scorrevole. Non ci sono fotografie a corredo dei racconti, salvo quella dell’iceberg riprodotta sul retro di copertina, ma solo schizzi usciti dalla matita di un artista-viaggiatore: le chine di Mauro Pierri comunicano emozioni e fantasie...

Sempre sul retro di copertina si legge che Angmagssalik, con i panorami selvaggi offerti dai ghiacciai da cui si staccano giganteschi iceberg, i villaggi con le casette di legno colorato, la disponibilità degli abitanti, rappresenta uno degli ultimi angoli immacolati del Pianeta, favorevole al richiamo di un turismo alla ricerca di nuovi mondi: dal remotissimo villaggio di Isertoq, con un avvicinamento di poche ore, si raggiunge l’Inlandsis, si possono ricercare e studiare specie botaniche rare o endemiche, osservare la fauna artica. Si possono inoltre praticare il trekking, lo scialpinismo, il kayak, le uscite invernali sulle slitte trainate dai cani, le gite in barca, il bird-watching estivo e l’avvistamento delle foche, l’alpinismo e la glacio-speleologia: non dimentichiamo che la Groenlandia rappresenta, per questa manifestazione estrema ed avanzata della speleologia, un mondo ancora tutto da esplorare.

Anche per il kayak da mare è un po’ così: la remota regione di Angmagssalik è una delle più affascinanti mete del turismo ecologico e naturale, dei viaggi guidati in campeggio nautico, dell’esplorazione della costa pagaiata dopo pagaiata.
La particolare conformazione orografica del terreno e soprattutto la costa incisa da diversi fiordi molto profondi, rendono la regione molto attraente per l’esplorazione nautica ed il kayak è l’imbarcazione ideale, ereditata dalle antiche tradizioni locali.
Noi abbiamo trasformato il kayak in barca da gioco e da diletto, per escursioni o gare, ma alle origini della sua storia era il più efficace strumento di caccia e di pesca ideato dagli Inuit.
I kayak originari della regione orientale della Groenlandia sono quelli che hanno mantenuto nei secoli le forme più allungate e sottili, le più affascinanti per i cultori della tradizione...
“E’ basso sull’acqua per dare poca presa al vento e, visto da lontano, pare che l’uomo che ci sta dentro sia seduto sull’acqua... E’ filante e leggero, fasciato di pelli di foca, e viene costruito su misura del corpo del proprietario. Non a caso è sempre stato detto che il cacciatore inuit ‘indossa’ il kayak, infilandolo esattamente come una mano infila un guanto...”
Continui i rimandi agli studi antropologici di Emilio Zavatti, Guido Monzino, George Qupersiman, Paul-Emile Victor e Robert Gessain: quest’ultimo ricercatore francese viene citato dall’autore per spiegare come il termine kayak sia stato bandito da Angmagssalik dopo la morte di un uomo che aveva lo stesso nome. Da qual momento è diventato tabù ed è stato sostituito dalla parola karkit.

L’autore è tornato più volte ad Angmagssalik ed è diventato un profondo ed appassionato conoscitore di quei luoghi e di quella gente.
Ha conosciuto Robert Peroni, esploratore, alpinista e sciatore italiano che lì gestisce la Red House, la Casa Rossa, inizialmente una casa sociale che col tempo è diventata un’accogliente Guest House per il supporto delle spedizioni sulla calotta polare o nei fiordi della regione.
Ha scoperto pozzi e grotte nei ghiacciai Rasmussen e Karale, grandi lingue glaciali che sfociano nel fiordo di Sermiligaaq, il bellissimo fiordo ghiacciato.
Ha vissuto in prima persona lo straniamento della solitudine, del freddo, del silenzio artico... e della triste sorte di questo popolo gioviale: “pochi decenni prima credevano di essere gli unici uomini a popolare la terra, vent’anni dopo si sono trovati a dover vivere in una società consumistica”.
Un passo del libro mi ha particolarmente colpito, quando l’autore si spinge con due inuit a visitare la base abbandonata di Ikateq, una zona militare costruita dagli americani durante la seconda guerra mondiale per rifornire gli aerei che volavano verso l’Europa. Il piccolo fiordo è, dopo più di cinquant’anni, ancora occupato da centinai di bidoni arrugginiti, da pneumatici ancora in pressione, da carri, gru, verricelli: “... allora mi vengono in mente le parole di un amico che un giorno mi disse: ‘Noi occidentali siamo fra i pochi popoli al mondo che mangiamo tutti i giorni e, fra questi, i pochissimi che mangiano ben due volte’. Ed è forse questo, rifletto, il motivo per cui noi che rappresentiamo, nel bene e nel male, la parte trainante del pianeta, abbiamo il dovere di portare i nostri occhi a guardare oltre le finestre di casa per vedere, capire e modulare le nostre azioni sulle necessità di tutti i viventi”.
Ma il tono non è mai pessimistico, velato solo di una nota di malinconia per il tempo perduto.
Gli spazi all’intorno sono maestosi, teatrali, sconvolgenti: “qui, tra questi ghiacci eterni, lunghe, bellissime ed interminabili giornate risarciscono gli uomini della breve durata della vita”.
Il libro si legge tutto d’un fiato, è accattivante, poetico e profondo: ha una serie di brevi capitoletti che bene riassumono le esperienze vissute dall’autore e che altrettanto bene riflettono le emozioni elaborate in quei giorni trascorsi tra i ghiacci artici. Il volume è anche corredato da uno scarno vocabolario di parole Tunumisiut, la lingua ufficiale della Groenlandia, una per tutte imaa, mare. Chiude l’opera, insieme ad una significativa bibliografia, un intenso capitolo di una ventina di pagina sulle informazioni utili , quasi un altro viaggio: come arrivare, dove alloggiare, dove andare, cosa vedere, come pagare, persino come telefonare.
Un libro, insomma, che non può mancare nella biblioteca degli amanti dell’artico, della cultura inuit e del kayak...

Otorino Tosti è nato a Genova nel 1950.
Dalla quarta di copertina si legge che ha iniziato giovanissimo a dedicarsi alla speleologia, ricercando ed esplorando grotte nei massicci calcarei delle Alpi Marittime e Apuane. Alla fine degli anni ’90 ha iniziato ad interessarsi alle frotte nei ghiacciai.
Nel 2008 è per la prima volta in Groenlandia orientale, dove predispone un piano per le ricerche nei ghiacciai di Angmagssalik. Nel 2009 si reca nelle Ande settentrionali alla ricerca di resti della civiltà Inca. Di questi due mondi ha apprezzato gli ambienti naturali e primitivi, ma soprattutto gli abitanti, semplici e genuini. E’ nata così in lui la volontà di aiutare le popolazioni che vivono in condizioni di difficoltà e che stanno perdendo la propria cultura per la pressione che il mondo occidentale esercita su di loro.
Nel 2008, al ritorno dal suo primo viaggio in Groenlandia, crea il “progetto ItaliAmmassalik”, per promuovere la conoscenza di questo dimenticato mondo artico. Nel 2012 il progetto diviene Associazione, che egli stesso coordina in qualità di Presidente.
Attraverso di essa, diffonde con conferenze e mostre fotografiche la conoscenza degli Inuit di Angmagssalik...

 

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