TATIYAK - letture

Giochi delle Montagne
Orizzonte d'avventura

a cura di Aldo Audisio, Antonella Lombardo e Ulrich Schädler
Priuli & Verlucca Editori - 2012

Scheda del 19 febbraio 2014 a cura di Tatiana Cappucci

Il volume è uno di quelli poderosi, di grande formato, con la copertina rigida e rivestita, le pagine satinata che profumano anche dopo anni, le foto grandi e belle.
Sul retro di copertina è spiegato il progetto: “Ogni museo ha il suo doppio. Sono le raccolte che il visitatore non vede, quelle nei depositi o riservate alla consultazione. Anche il Museo Nazionale della Montagna del CAI di Torino non fa eccezione. Nell’area documentazione [...] è conservato un grande patrimonio conosciuto a livello mondiale. Quest’opera nasce con lo scopo di presentare al pubblico i pezzi più significativi del Centro Documentazione: manifesti di film, turismo, commercio, fotografie ed oggetti di collezionismo”.

                   

Questo bel volume è il quinto dedicato ai giochi e all’idea di giocare con le montagne.
I giochi su montagna, alpinismo, sci, esplorazione e spedizioni polari, costituiscono una collezione unica per la consistenza e la rarità dei pezzi conservati. Sono testimonianze che, attraverso il divertimento, hanno permesso a generazioni di scoprire la geografia alpina, le vette del mondo e le grandi avventure.
E’ anche vero che contengono degli errori clamorosi, come i pinguini affiancati sui ghiacci agli orsi polari, ma forse nei primi anni del Novecento Artico ed Antartico erano accomunati dal fascino dell’ignoto e dell’inesplorato, senza distinguere troppo tra Nord e Sud del mondo.
Ci sono giochi da tavolo, puzzle, tiri al bersaglio. Molti dei giochi raccolti nel volumi sono datati intorno alla metà dell’Ottocento, proprio quando nascevano i primi club alpini e “gli iscritti “giocavano” con le montagne inventandosi ricerche spesso fittizie, meri pretesti per legittimare la propria sete di avventure.
Alcune delle tavole contenute nella raccolta ritraggono anche il kayak, sia a terra che in navigazione, e quello raffigurato nel tiro al bersaglio dei pinguini è attrezzato di tutto punto, con la pagaia, l’arpione, il galleggiante sul ponte posteriore e persino la veletta bianca di mimetizzazione su quello anteriore. Non ci sono regole, solo i pinguini tra i trichechi...

                   

Riportiamo volentieri quanto scritto da Roberto Mantovani nell’introduzione al capitolo dedicato alle esplorazione artiche.
“le regioni polari sembrano luoghi fatti apposta per sognare. Terre iperboree [...] sono frammenti del globo e, contemporaneamente, frazioni della mente, in cui corrono ad impigliarsi con facilità estrema miti, congetture, meraviglia, spazi immaginari, anacronismi, speculazione geografica, invenzione. Ce n’è per tutti, perché il vuoto dei terrains vagues ha bisogno di essere colmato con l’aiuto della fantasia, di proiezioni mentali, di simboli. Dal Rinascimento, da quando si sono dissolti gli ultimi brandelli del mondo tolemaico, è stato naturale per tutti situare il fantastico, l’ipotetico, l’insolito e l’immaginario nei ghiacci della misteriosa banchisa artica.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento le avventure polari hanno costituito lo scenario di fondo della vita civile e politica di milioni di uomini, consapevoli che nei luoghi della lontananza estrema, a migliaia di chilometri dagli affanni quotidiani, sparuti plotoni di ardimentosi continuavano a lottare per un ideale nell’Artico o nel continente antartico, dopo aver varcato coraggiosamente le porte dell’ignoto. E nel vuoto delle terre incognite, dove per una magica attrazione avevano cominciato ad irrompere l’invenzione letteraria e il mito, col tempo si sono appuntati riferimenti e simboli collettivi, si sono consumati desideri, sono emigrati spezzoni di una nuova geografia, fantasie e allegorie, ma si è anche ampliata la vecchia idea di mondo. Le testimonianze degli esploratori e i resoconti di viaggio, che mischiavano l’autobiografia al tentativo di sistematizzare gli spazi liminali acquattati alle latitudini estreme, sono diventati per tutti la bussola con cui navigare idealmente tra i ghiacci, affrontare con la mente le sterminate distese del pack o addentrarsi nelle solitudini antartiche. E i giochi da tavolo sulla corsa ai Poli? Per decenni hanno assolto la funzione di fissare in maniera indelebile, nella mente di quanti vi si sono accostati anche in una sola occasione, luoghi, personaggi, ed eventi di un’epoca irripetibile, grazie anche a un’iconografia destinata a rimanere indelebile nel ricordo e capace di toccare le corde più profonde dell’animo di un’intera epoca.

                   

Metà dello scenario polare dei giochi raccolti nelle collezioni del Museo della Montagna è occupato dall’Artico.
D’altra parte la “conquista” del Polo Nord geografico, conclusasi nel 1909 con l’impresa della statunitense Robert Edward Peary (o dal connazionale Frederick Albert Cook, un anno prima? - quando comparvero sul mercato le tavole illustrate a colori con i giochi di percorso (la cui logica perlopiù consisteva in “Pig the flag to the Pole”, pianta per primo la bandiera al Polo) e di abilità – era ancora fresca di cronaca o addirittura in pieno svolgimento.
In più di un caso, l’epopea polare è stata proposta agli utenti come gara tra le nazioni, ma assai più spesso sono state le caratteristiche del paesaggio e della fauna delle estreme latitudini boreali ad imporsi come icone della geografi artica. Nelle immagini che corredano i percorsi di gioco compaiono di frequente feroci e aggressivi orsi polari, foche e trichechi, renne, in qualche caso persino pinguini (peraltro non presenti nell’Artico), che fanno da muti spettatori alle gesta dei pionieri, e molto spesso cani da slitta, il vero motore delle imprese di quegli anni.
E poi la banchisa, i sastrugi, gli iceberg e i lastroni di ghiaccio galleggianti, gli igloo, gli accampamenti mobili dei viaggiatori del grande nord e dell’estremo sud. Gli eroi polari, Peary, Cook, ma anche Nansen, compaiono spesso: a volte se ne vede il volto o se ne intuisce semplicemente la presenza per via della bandiera o dell’itinerario; altre volte sono rappresentati come figure anonime infagottate in abiti di pelliccia.
E qua e là si vedono anche gli sci, usati solo dagli esploratori di origine scandinava, magari calzato con attacchi improbabili, oltre alle immancabili slitte, ai kayak, ai pony, a pagaie, arpioni e fucili.
Poi ovunque ci sono navi e vascelli (alcuni intrappolati tra i ghiacci dell’inverno polare), indispensabili per varcare le porte dell’Artico.
E ancora, si notano eventi e luoghi ricavati dai riferimenti della letterature d’esplorazione dell’epoca, la cartografia, le rotte navali e io percorsi degli esploratori, utilissimi per farsi un’idea abbastanza precisa del dedalo di terre emerse affacciate sul Mar Glaciale Artico. Ma ancora non è tutto: oltre ai dadi – in un caso definiti “cubici” (sic!) – le scatole che contengono i giochi (spesso belle almeno quanto le tavole illustrate) sono corredate da figurine in metallo o in piombo che rappresentano navi, personaggi, slitte, cacciatori. E per immaginare, senza le sagome in metallo, il giocatore è invitato a ingegnarsi col fai-da-te, ritagliando e incollando personaggi di cartone.
In ogni caso, l’epopea del Polo Nord non finisce con la sua “conquista”. Negli anni tra le due guerre mondiali gli editori continuano a mandare sul mercato altre avventure, ad esempio quelle contemporanee dei dirigibili, veri o immaginari...”

Aldo Audisio è il direttore del Museo Nazionale della Montagna di Torino e del Forte di Exilles.
Ha promosso l’incremento e la valorizzazione dei fondi iconografici del Centro Documentazione del Museo della Montagna, costituendo la collezione dei giochi con un programma di acquisizioni. Ha curato “Montagne per gioco”, prima mostra del settore, allestita in Italia, Francia, Svizzera e Polonia, e i due volumi del catalogo.

Antonella Lombardo
è la responsabile delle raccolte del Museo Nazionale della Montagna di Torino.
Collabora alla realizzazione dei progetti editoriali e dei volumi di catalogo delle mostre temporanee. Ha curato gli interventi conservativi della collezione dei giochi, seguendone la repertori azione e la schedatura.

Ulrich Schädler
è archeologo e conoscitore della storia culturale dei giochi soprattutto relativi al periodo dell’Antichità e del Medioevo. E’ il Direttore del Musée Suisse du Jeu de La Tour-de-Peils per il quale ha curato i volumi “Jeux de l’Humanité” e “Créateurs de ciance. Les loteries en Europe”. Per il Museo della Montagna ha curato la mostra ed i cataloghi Montagne per gioco e la sezione dedicata ai giochi nel volume “Iconografie delle montagne”.

Roberto Mantovani
è un giornalista ed uno storico dell’alpinismo. E’ stato direttore della “Rivista della Montagna” e degli speciali “Alp”. Ha pubblicato una ventina di libri e ha curato le tre edizioni dell’enciclopedia “La Montagna” (DE Agostini). E’ stato conservatore del CISDAE, il centro di documentazione dell’alpinismo extraeuropeo, al Museo Nazionale della Montagna di Torino. E’ collaboratore fisso della trasmissione “TGR Montagne” di RAI2.

 

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