E’
un libro un po’ ridondante, scritto con una prosa ricercata tutta rivolta alla
esaltazione delle imprese sostenute dal protagonista, “a riconfermare quanto
l’uomo possa ardire contro le forze più avverse della natura, quando la
dedizione incondizionata ai supremi ideali ne sostenga la volontà, il coraggio,
la tenace perseveranza”!
Se è vero che Guido Monzino ha issato la bandiera tricolore sulle più alte vette
e alle più alte latitudini, ideatore, organizzatore e promotore di importanti
spedizioni africane ed artiche, è anche vero che la sua curiosità e la sua
perseveranza gli hanno fatto raggiungere mete difficili in compagnia delle sue
Guide del Cervino per puro spirito di avventura, senza compiere delle imprese
ineguagliabili, conquistare dei record, lanciare delle sfide... lo studio
approfondito, la perizia tecnica e soprattutto l’organizzazione formidabile e
scrupolosa che curava personalmente fin nei minimi dettagli hanno caratterizzato
le sue ventuno spedizioni, tutte coronate da successo nonostante le serie
difficoltà incontrate ed i molteplici rischi affrontati, e sempre “senza perdere
un sol uomo”.
Così è stato per le sei spedizioni nella Groenlandia occidentale tra il 1960 ed
il 1962, quando raggiunge il 66°, il 74° ed il 77° parallelo, spingendosi una
volta sino al 72° con tre slitte trainate da cani sotto la guida esperta di due
Inuit locali; così è stato per le due successive spedizioni nella Groenlandia
orientale tra il 1963 ed il 1965, quando ha risalito con le sue preziose ed
esperte Guide del Cervino le insidiose cime delle Alpi Stauning, un massiccio
appartenente al più freddo lato orientale della grande isola artica, rimasto
inesplorato sino al 1950; così è stato anche per la più impegnativa e lunga
Spedizione Italiana al Polo Nord compiuta tra il 1969 ed il 1971 con un
complesso programma articolato in cinque spedizioni successive, due crociere
nautiche nei mesi estivi del 1968 e 1970, due viaggi di allenamento con le
slitte sul mare ghiacciato nel 1969 e nel 1970 ed infine con due tappe di
avvicinamento nel percorso verso nord, coronando il sogno di raggiungere il
cuore del Mare Glaciale Artico!
“La Groenlandia è dolce e forte, è amica ed inebriante, anche quando le
sofferenze dell’uomo possono essere massime... lascia davvero un male o una
malìa forse ancora più penetrante dell’Africa stessa, certamente duratura, forse
leggermente angosciosa”; così scrivere Monzino della immensa distesa di ghiacci
bianchi quasi completamente disabitata; talvolta, per attraversare quelle gelide
acque percorse da forte correnti, sarà necessario utilizzare gli stessi lastroni
di ghiacci come dei veri e propri traghetti!
Monzino incontra, conosce ed apprezza gli Inuit Groenlandesi, fa tesoro per le
sue spedizioni delle loro conoscenze, utilizza i loro cani e le loro slitte: “la
lunghissima frusta da corto manico, che i guidatori usano con straordinaria
abilità e precisione, viene lasciata strisciare sul ghiaccio per fare tenere la
giusta distanza ai cani che seguono”.
Apprezza la versatilità delle slitte groenlandesi, lunghe dai tre ai quattro
metri e larghe anche ottanta centimetri, costruite con assi di legno tenute
assieme da legature di tendini di foca che conferiscono elasticità e robustezza
insieme, caratteristiche indispensabili per sopportare il peso di svariati
quintali e gli sbalzi ripetuti sulla banchisa accidentata.
Monzino utilizzerà le slitte non solo come mezzo di trasporto ma anche come
rifugio durante il viaggio, avendo avuto l’accortezza di fare preparare a Milano
delle nuove tende “cucite appositamente per essere montate sulle slitte, di
solito due, che fungono da letti secondo l’usanza artica… consentendo di dormire
più isolati dal ghiaccio del suolo”!
“Il vestiario adoperato per secoli dalle popolazioni locali si dimostra ancora
il più valido per la praticità della foggia, per la straordinaria resistenza
all’usura nella continua lotta tra i ghiacci e soprattutto per l’essenziale,
insostituibile difesa dall’atroce freddo polare”.
“Un’escursione
in slitta all’isola di Herbert (quella tanto cercata da Kari Herbert e così ben
raccontata nel suo romanzo biografico “La figlia dell’esploratore”) per salutare
Kali Peary, il figlio naturale dell’esploratore, consente una verifica di questi
abiti polari in un rigido inverno ancora dominato dalla luna delle lunghissima
notte artica. La scelta scrupolosa delle pellicce e la loro accurata confezione
si riveleranno molto importanti contro i temibili effetti del gelo e, grazie
anche a tale sollecitudine, nessuno subirà congelamenti”; naturalmente, saranno
le donne Inuit di Qanaq a confezionare le divise per i membri della spedizione e
a cucire per tutti loro sia le giacche col cappuccio di pelliccia di caribù, sia
i pantaloni di pelle di orso, sia i guanti di pelo di cane col palmo in pelle di
foca e lana all’interno, sia gli stivali di pelle di foca foderati di coniglio
artico, sia i copri stivali di pelle di volpe bianca.
Così, ancora una volta, come per altre spedizioni polari, l’esploratore italiano
viene aiutato, sostenuto e salvato dalla straordinaria capacità Inuit di
adattamento all’ambiente, dalla profonda conoscenza del mondo artico e dalla
insuperabile resistenza nelle situazioni più critiche; tante, tantissime
spedizioni sono riuscite e ancora prima sono state rese possibili dalla
partecipazione spontanea degli Inuit, raffinati conoscitori della propria terra.
La spedizione al Polo Nord è costellata di innumerevoli difficoltà, talvolta
anche da sabotaggio ed ostruzionismo, ma le doti diplomatiche di Monzino gli
permetteranno di coronare con successo l’impresa anche per il contributo delle
guide Inuit e dei loro valorosi cani da slitta.
Una vita avventurosa, quella di Monzino, mossa da una forte passione per la
montagna e da un grande spirito di solidarietà con le Guide del Cervino e
riassunta forse nel motto che apre e chiude il volume: “nella nostra vita si
possono raggiunger le vette più alte, sempre che ciascuno intenda dare,
veramente, il meglio di sé stesso”.
Guido
Monzino è l’erede della famiglia milanese che negli anni venti fondò
i grandi magazzini ; scopre la passione per l'avventura e per la montagna
alla metà degli anni cinquanta quando sale per scommessa il Monte Cervino.
Successivamente autore di grandi imprese alpinistiche e sociali: 21 spedizioni
in tutto il mondo, fra cui la prima ascensione italiana all'Everest nel 1973, il
lascito al FAI della straordinaria Villa Balbianello sul lago di Como, la
donazione di una tenuta al Governo cileno per l'ampliamento del Parco del Cerro
Paine, la realizzazione del “Rifugio Monzino” per le guide del Cervino. Le sue
spedizioni, condotte senza lesinare tempo e denaro, erano caratterizzate dalla
meticolosa organizzazione; Monzino “era solito organizzarle di persona,
studiandone nei minimi dettagli problemi di logistica ed equipaggiamento”.
Una curiosità su Guido Monzino riguarda il mondo del kayak: la “Regatalonga del Lario” a Lezzeno, regata internazionale non agonistica, aperta a tutte le
imbarcazioni remiere e ai partecipanti dalla provenienza più eterogenea e di
ogni età, fu ideata e poi sostenuta economicamente proprio da Guido Monzino.
L'idea, unica al mondo nel suo genere, venne in seguito ripresa da Venezia con
la Vogalonga, conosciuta universalmente. L'esploratore soggiornò diversi anni
sul Lago di Como ed il museo che ricorda le sue imprese è ospitato presso Villa
Balbianello sul promontorio del Lavedo a Lenno, ora di proprietà del Fondo per
l'Ambiente Italiano: tra i reperti dei suoi numerosi viaggi spicca la bella
slitta in legno e tendini di foca utilizzata nella sua spedizione al Polo Nord.
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