Pijarnirniarniraqtaulaungimmat: nessuno ha detto che sarebbe stato facile.
Una bella espressione inuktitut, difficile da leggere e da pronunciare, con cui
si apre e si chiude questo lavoro antropologico, difficile e complesso quanto la
frase che lo introduce.
Non è stato facile per gli Inuit raggiungere quanto hanno conquistato, così come
non sarà facile la loro vita futura… non è stato facile per l’autore portare a
conclusione il suo lavoro, non avendo potuto procedere all’attività sul campo,
tanto importante per l’antropologia accademica.
E’
un saggio ricco di osservazioni sull’antropologia del diritto, sulla storia e
l’antropologia, sul diritto tradizionale e la colonizzazione giuridica e sugli
aspetti sociali di una “rivoluzione al rallentatore”, quella compiuta per
l’appunto dagli Inuit del Nunavut.
Il sottotitolo “percorsi di applicazione fra studio del diritto ed esigenze del
presente” chiarisce un poco il contenuto del volume, così come la quarta di
copertina: “Se rivoluzione è sovvertimento dell’ordine esistente che segna
l’instaurazione di un nuovo assetto e l’emergere di gruppi sociali dapprima
subalterni, la nascita del Nunavut può considerarsi una versione tranquilla di
questo processo. Si tratta di tempi lunghi quanto quelli che scandiscono la vita
nell’Artico. Senza aperti conflitti né spargimento di sangue, la nascita di una
coscienza politica mostra come l’adesione alla logica della modernità sia per
gli Inuit frutto di una scelta che non avviene a scapito della propria via. La
storia è quella di un popolo che non subisce passivamente, ma che si oppone con
pretese di basso profilo e con gli stessi mezzi offerti dalla tradizione
giuridica euro–canadese giungendo al successo (almeno parziale) nella
rivendicazione dei propri diritti. Quanto si è conquistato è un sogno divenuto
realtà. Per il passaggio da un’ampia autonomia amministrativa a una reale
autodeterminazione rimangono delle difficoltà che bisogna evidenziare per
comprendere - attraverso l’analisi della storia, dell’ordine politico, del
sistema giuridico e dell’immagine tradizionale della giustizia - l’effettivo
grado di riappropriazione di sé e avere un quadro completo della situazione
degli Inuit del Nunavut”.
Si tratta di un lavoro attento ed analitico sul lungo e faticoso percorso
intrapreso a livello culturale e giuridico dagli Inuit del Nunavut per diventare
Inuit Canadesi, per la prima volta nella loro storia, ed emblematicamente per la
prima volta nella storia dei popoli indigeni, capaci di decidere per le proprie
terre e per le proprie vite.
Una interessante disamina storica ci fa comprendere come la colonizzazione
dell’artico canadese sia passata attraverso varie fasi, quella dei commercianti
di pellicce e di missionari, quella della polizia e dei burocrati come unici
rappresentati statali, quella della identità culturale e politica degli Inuit
che a partire dagli anni ’60 hanno saputo sviluppare un attaccamento ai valori
tradizionali e ai sentimenti popolari: nel Nunavut non c’è mai stato un
sovvertimento dello stato sociali, ma un graduale cambiamento che ha portato
negli anni ad un nuovo equilibrio politico tra la nazione Inuit e lo stato
federale canadese.
La crescita della coscienza politica nell’artico ha portato alla nascita delle
organizzazioni Inuit e al lento e graduale cammino verso la costituzione del
Nunavut: rispetto ad altre popolazioni indigene, gli Inuit hanno goduto di un
relativo isolamento imposto dalla rigide condizioni ambientali e, sebbene si
siano affacciati tardi sulla scena politica, hanno saputo nel contempo mantenere
uno stretto legame con i tratti fondamentali della propria cultura. E’ stato
forse questo il motivo principale del successo del progetto politico del
Nunavut, “la nostra terra” nel linguaggio degli Inuit.
L’autore traccia con cura e sapienza le cinque fasi che portarono alla
realizzazione prima e alla implementazione poi del Nunavut Lands Claims
Agreement, l’atto che ha posto le basi per la formale proclamazione della
nascita del Territorio del Nunavut: la prima fase di preparazione dei primi anni
’70, con i documenti governativi volti al riconoscimento degli aboriginal rights,
la seconda fase di proposta, con le prime vere contrattazioni tra la Inuit
Tapirisat of Canada – Fratellanza Inuit del Canada ed il governo federale, la
terza fase di elaborazione nel corso degli anni ’80, con le negoziazioni sugli
accordi finali, la penultima fase di approvazione dell’accordo del 1991 e
l’ultima fase di implementazione dello storico processo del 1993.
Un lento lavoro diplomatico, culturale e politico che ha portato alla nascita
del Nunavut nel 1999, non in un solo giorno, né il un solo anno, ma in un lungo
periodo durato quasi mezzo secolo e che ha costituito una sorta di esperimento
sociale studiato ora a livello mondiale.
Un cammino di decolonizzazione, di pressione sul governo federale, di lavoro
sulle tradizioni popolari, di educazione al linguaggio e alla comunicazione, di
utilizzo strategico delle nuove risorse di rete, di acculturazione giuridica e
di riconsiderazione del diritto tradizione in prospettiva Inuit: sforzi notevoli
volti tutti a costruire una nuova realtà politica e sociale, fondata sul
reciproco riconoscimento nella diversità.
Il saggio, per quanto tecnico e accademico, merita di essere letto proprio per
l’accento che pone sull’aspetto antropologico della nascita di un nuovo stato, e
per il richiamo costante all’importanza della cultura e dell’insegnamento, ormai
trascurati e penalizzati anche nei moderni stati democratici e capitalisti.
Per un lungo periodo agli Inuit è stata vietata l’attività orale di racconto
degli anziani, perché ritenuta illegale dal governo canadese; sul finire degli
anni ’70, invece, l’insegnamento degli anziani non solo venne riabilitato ma
anche inserito nei nuovi programmi scolastici; alla lingua inglese è stata
affiancata la lingua madre inuktitut e negli anni ’80 sono state istituite
scuole di secondo livello, come l’Artic College, dove di studiano l’arte ed i
mestieri Inuit accanto alle materie più propriamente accademiche: il nome del
college in inuktitut è silattuqsarvik: “il luogo dove acquistare abilità e
saggezza”.
Nel 2001, inoltre, è nata a Capo Dorset la prima scuola di legge del Nunavut, l’Akitsiraq
Law School, ritenuta ora in grado di “avverare i sogni del nord”: anche in
questa università, pure considerata un’istituzione più accademica rispetto all’Artic
College, non ci si è dimenticati dell’importanza degli anziani, che vengono
accolti all’interno della didattica, nella convinzione che “avere un anziano in
classe fornisce un ponte con il passato”!
Penso che mi sarebbe piaciuto molto seguire le lezioni di quella università!
Fabrizio Caresi è nato a Roma e si è laureato nel 2004 presso
l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con una tesi sulle Civiltà
indigene d’America. Ha pubblicato altri lavori antropologici sugli Inuit:
“Prospettive per il Territorio del Nunavut” con Cesare Pitto per la mostra
torinese “Inuit. Popoli del Ghiaccio” e “Nunavut: dal sogno alla realtà” per gli
atti del XXVII Convegno Internazionale di Americanistica del maggio 2005 sul
numero 5 dei “Quaderni di Thule”.
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