Non è molto comune incontrare una donna tra gli esploratori artici.
Helen Thayer è stata la prima donna, e la persona più anziana, a raggiungere il
Polo Nord magnetico in solitaria, a piedi, trainando una slitta in fiberglass di
due metri di lunghezza e di 72 chili di peso, carica di tutta l’attrezzatura
necessaria: tenda, vestiti, fornello, combustibile, cibo e macchina fotografica;
un viaggio avventuroso compiuto nel 1988 in compagnia di un cane husky che solo
dopo molte resistenze Helen accetta di portare con se per proteggersi dagli orsi
polari, e che a sua volta traina un piccolo slittino con i 38 chili del suo cibo
per cani.
Il rapporto con il cane diventerà presto profondo ed istruttivo e sarà lui che
più di una volta salverà l’esploratrice dall’incontro ravvicinato con gli orsi
polari, che sin dai primi giorni della spedizione affollano quel tratto di acque
libere e ghiacciate che si stendono tra Resolute Bay e l’isola di King
Christian, il punto più a nord toccato dalla spedizione.
La
quarta di copertina ben riassume e presenta il volume dell’esploratrice.
“All'età di 50 anni Helen Thayer è diventata la prima donna e la persona più
anziana ad aver raggiunto il Polo nord magnetico, a piedi e senza rifornimenti.
Ha viaggiato nell'Artico per 27 giorni, durante i quali ha percorso 585
chilometri, trascinandosi dietro una slitta di 72 chili, con suo unico compagno
Charlie, un cane Inuit addestrato per combattere contro gli orsi polari. Grazie
al suo vivace ingegno e ai sensi acuti dello stesso Charlie, la famosa alpinista
ed esploratrice americana ha affrontato ed è sopravvissuta a sette faccia a
faccia con gli orsi. Ha sopportato venti forti come uragani e un freddo
inimmaginabile, che ha toccato i -73 gradi Celsius (considerando il
raffreddamento da vento), temperature in grado di congelarle gli occhi fino a
farli chiudere. Nel corso dell'ultima settimana della sua spedizione, una
tempesta artica ha spazzato via la maggior parte delle provviste e del cibo che
aveva con sé, costringendola a vivere di una manciata di noci al giorno e mezzo
litro d'acqua. Inoltre, per difendersi dalla disidratazione, Helen ha dovuto
masticare del ghiaccio che le ha fatto venire delle vesciche in bocca. Polar
Dream è il resoconto avvincente di questa avventura, in cui l'autrice insegna
l'Artico al lettore come lei stessa lo ha imparato”.
Il Polo Nord magnetico si sposta giornalmente in senso orario su un percorso
ellittico e frastagliato che copre una zona molto vasta e a volte si sposta
anche per più di 170 km in un solo giorno; per aggirare il problema, Helen
decide di camminargli intorno, così da abbracciare una zona abbastanza ampia da
poter contenere gli spostamenti del Polo.
E’ un viaggio di scoperta e di avventura, in cui l’esploratrice si spinge ai
limiti del mondo e delle sue capacità di resistenza: affronta bufere artiche con
venti ruggenti che squassano la tenda, sopporta la fame e la sete quando
l’ultima tempesta le strappa dalla slitta gli ultimi rifornimenti e domina il
terrore degli orsi polari ogni volta che uno di quei incontrastati dominatori
dell’Artico si avvicinava troppo alla sua rotta…
“Al quarto giorno dall’inizio della spedizione, trovavo impossibile
immedesimarmi in quello che avevo lasciato a casa. Stava diventando difficile
immaginarsi una doccia calda, n letto morbido e l’idea stessa di vivere in una
casa. La mia mente non riusciva più a comprendere la necessità nel mondo
civilizzato di fare acquisti. Là fuori l’unica cosa a cui pensare era la mia
sopravvivenza, emotiva e fisica”.
Supera
prove davvero pesanti, temperature polari che la intirizziscono, venti
ghiacciati che le graffiano il viso, banchise di ghiaccio che mal sopportano il
peso suo e della slitta e che in una occasione si inclinano così tanto da farle
rischiare di scivolare in acqua; la bellezza del paesaggio la distrae e la
affascina, facendole sopportare anche la quasi cecità dovuta al riverbero della
luce sul bianco abbagliante della calotta polare quando il giorno comincia ad
essere lungo ormai 24 ore; la compagnia di Charlie la conforta nei momenti di
scoramento.
“Piuttosto che cercare di costringere l’Artico ad adattarsi alle mie necessità,
sono diventata io una cosa sola con l’ambiente. Non appena ho permesso a me
stessa di immergermi in tutto quanto mi circondasse, l’inclemenza del luogo si è
attenuata. L’ambiente è diventato mio amico e sapevo che sarei sopravvissuta. Ho
accettato il fato di essere un visitatore nel territorio degli orsi polari. Per
questo ero io a dovermi dimostrare rispettosa e procedere con cautela. Questo
cambiamento nella mia percezione mi ha salvato la vita”.
Helen Thayer è una esploratrice ed alpinista di fama internazionale
che ha scalato alcune delle montagne più alte del mondo e affrontato a piedi
alcune tra le distese montuose e desertiche più grandi del mondo, dallo Yukon al
Gobi, dall’Antartide al Sahara, non disdegnando nel 1995 una discesa in kayak di
1930 km lungo il Rio delle Amazzoni, a coronamento di una lunga e variegata
attività sportiva agonistica in lancio del disco e slittino.
Quando era in cima al Picco del Comunismo che con i suoi 7495 metri è la vetta
più altra del Tagikistan, ha avuto l’ispirazione per un viaggio al Polo Nord
magnetico che diventasse anche un progetto didattico per “portare i quattro
angoli della terra in classe” e condividere così questo mondo di viaggi e
avventure con gli studenti e gli insegnanti; il programma “Adventure Classroom”,
che si occupa di scienza, ambiente, geografia e cultura (www.adventureclassroom.org),
ha avuto un riscontro positivo ed è stato anche insignito di molte onorificenze
da parte della Casa Bianca e del National Geografic; così Helen ha continuato a
viaggiare in compagnia del marito Bill per trasmettere “l’importanza di
prefiggersi degli obiettivi per avere successo”.
Il suo sito personale è
www.helenthayer.com e quello delle sue spedizioni è
www.oneearthadventures.com.
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