“Prima
di domani” è il quarto romanzo di Riel pubblicato in Italia da Iperborea.
Nell’anno in cui la casa editrice conquista una nuova onorificenza per l’opera
di diffusione della letteratura nordica, mi sono imbattuta in libreria in questo
nuovo-vecchio romanzo: nuovo per la sua traduzione italiana del 2009 e vecchio
per la sua pubblicazione del 1975.
Qualche giorno prima avevo letto sul sito del Circolo Polare che Emilia
Lodigiani, presidente del gruppo editoriale Iperborea, aveva ricevuto il suo
terzo significativo riconoscimento, quello consegnato dall’ambasciatore olandese
nel corso del festival Dedica di Pordenone 2011, dopo quello ottenuto da
Finlandia e Svezia, tutti volti a sottolineare l’impegno culturale svolto dalla
casa editrice.
Quei libretti lunghi e stretti dalla copertina ruvida hanno sempre emanato una
grande fascino e con loro lo sguardo sul mondo nordico è mediato da penne
sapienti che sanno condurre il lettore in un universo affascinante di segni,
convenzioni e sentimenti.
Il “post scriptum” del romanzo spiega la sua nascita: “Anni fa, durante uno dei
miei viaggi nel nord-est della Groenlandia, navigavo un’estate nelle acque a sud
della Geographical Society Island. Su un piccolo isolotto insignificante, chiuso
tra due isole più grandi, trovai il cranio di una donna adulta e, a qualche
metro di distanza, coperti di muschio, il cranio ed i resti dello scheletro di
un bambino”.
La fantasia dello scrittore, lanciata nella sua corsa dalla curiosità
dell’etnologo, spinge così l’esploratore che pure alberga nell’autore ad
elaborare una serie di ipotesi sul destino che potrebbe essere toccato in sorte
a quei due poveri esseri umani, che più di cent’anni prima avevano combattuto
fino allo stremo delle forze per sopravvivere in un ambiente apparentemente
disabitato.
L’inizio del romanzo è tra i più belli: “Capitava spesso che Ninioq venisse
presa dall’inquietudine. Una sensazione strana, come di nausea, di cui non
riusciva a liberarsi... E con l’inquietudine arrivavano i pensieri... Perché
tutto era mutato e continuava a mutare... Prima era scomparsa la renna... poi
erano arrivati lunghi periodi in cui gli animali marini si erano tenuti lontani
dallo coste, provocando caccia magra e carestia. Forse erano i tempi durai a
mutare la natura dell’uomo“. La storia è avvincente e si legge d’un fiato: 150
pagine intense che trasportano d’incanto nel mondo Inuit, come solo un autore
sensibile e attento può fare.
Il kayak non manca e anzi occupa pagine intere, cariche di quella fiducia
nel domani che invece scarseggiano nel resto del romanzo, venato di cupa
rassegnazione e di triste consapevolezza di una fine vicina ed ineluttabile.
La prima “comparsa” del kayak è a pagina 17, quando la protagonista racconta di
una fuga d’amore: “Freccia trascinò Isserfik giù fino alla spiaggia, dove teneva
il suo kayak. La fece sedere a poppa e si infilò al proprio posto, legandosi
stretto a lei con una larga cinghia. E se ne andarono così, schiena contro
schiena, nella notte chiara”. Ed io che pensavo fosse solo un’invenzione
cinematografica dello storico film “Le nozze di Palo”, quando Navarana viene
legata sul ponte posteriore del kayak per suggellare il fidanzamento con Palo e
l’inizio di una nuova vita di coppia nel villaggio del futuro marito! Quando le
onde del mare agitato salgono sul ponte e sommergono il kayak, non deve essere
affatto piacevole mantenere quella posizione.
Rimasti soli sull’isola, la vecchia Ninioq decide di insegnare al piccolo Maniq,
il nipote preferito, come raddrizzare il kayak capovolto: è uno dei passaggi più
commoventi del romanzo, il racconto della vecchia che un tempo ha appreso l’arte
di cacciare in kayak per sostituire il padre ferito in combattimento contro un
orso polare e che a distanza di anni, dopo una vita ricca e felice benché carica
di sventure, trasmette le proprie conoscenze al giovane cacciatore Inuit.
“Si sedette per terra nella grotta con le ginocchia tese, e mostrò i
semplicissimi movimenti con i corpo e le braccia. Il ragazzo si sedette vicino a
lei imitandola, e Ninioq gli fece ripetere i movimenti finché non fu sicura che
erano stati ben assimilati. Il giorno dopo andarono alla spiaggia per fare una
prova in acqua.
Manik si sedette nel kayak. Annodò strettamente il cappuccio dell’anorak
attorno al viso, così che l’acqua non potesse entrare e Ninioq legò con una
cinghia supplementare la pelle che chiude il buco del rematore, per rendere
stagno il kayak. Poi spinse il kayak verso il largo, finché l’acqua non le
arrivò all’orlo dei kamik, e impugnò saldamente il rinforzo di osso della
prua. Manik batté leggermente sul ghiaccio nuovo con la pagaia per ricavare una
chiazza di acqua libera. Poi posizionò la pagaia in basso lungo il fianco del
kayak, tenendo la mano sinistra in mezzo e la destre sotto una delle due pale”.
Imparerà Manik a raddrizzare il kayak? A cacciare per salvare se stesso e la
nonna? Ad apprendere tutti i segreti per vivere tra i ghiacci?
Il romanzo è stato pubblicato in Italia nel 2009, proprio l’anno della nascita
della prima nazione Inuit al mondo: il 21 giugno 2009, infatti, la Groenlandia
ha celebrato il primo giorno dell’indipendenza dalla Danimarca, sancita dal
referendum del 25 novembre 2008.
Insieme alla nascita del Nunavut, la terra degli uomini, la tredicesima regione
amministrativa del Canada, segna una svolta nei rapporti di potere tra i popoli
Inuit ed i governi locali, in una delle poche se non uniche esperienze positive
di coesistenza pacifica e rinascita culturale di popolazioni indigene troppo a
lungo calpestate o dimenticate.
La storia di Riel è tanto universale da aver convinto due registe canadesi ad
adattare il romanzo per il grande schermo: Marie-Hélène Cousineau e Madeline
Ivalu hanno infatti realizzato uno straordinario film per la casa di produzione
tutta al femminile e tutta Inuit “Aranit Productions”. Girato nel nord del
Quebéc canadese, nel territorio Inuit del Nunavut (quale coincidenza!), “Before
Tomorrow” è stato il loro primo lungometraggio, accolto con favore al Sundance
Film Festival di Toronto nel 2008. L’immagine del kayak che correda la scheda è
tratta proprio dalle foto scattate sul set del film:
http://www.isuma.tv/hi/en/beforetomorrow
Jørn Riel è uno degli scrittori danesi più conosciuti ed apprezzati.
Esploratore ed etnologo, all’età di vent’anni si unisce alla spedizione del
geologo danese Lauge Koch: affascinato dai racconti fantastici di alcuni
esploratori artici conosciuti personalmente e irresistibilmente attratto dalle
‘zone bianche’, ancora inesplorate o scarsamente conosciute, della carta
geografica, si imbarca per la Groenlandia con l’incarico di effettuare rilievi
sullo spessore del ghiaccio e di inviare i dati per radio in Danimarca. E in
Groenlandia decide di fermarsi, trascorrendo tra i cacciatori artici sedici anni
della sua vita e imparando la lingua degli Inuit.
I rapporti duri e morbidi, bisbetici e stretti ad un tempo, talvolta persino
delicati, che si instaurano tra questi uomini groenlandesi senza storia, Riel li
ha raccontati magistralmente in una lunga serie di racconti, gli skrøner: il
concetto di skrøne è tipicamente nordico e indica un racconto fatto di una buona
invenzione, condita con un pizzico di esagerazione, qualche sana risata e anche
un po’ di brivido.
In Groenlandia è ambientato anche il romanzo d’esordio di Riel, La casa dei miei
padri, il cui giovane protagonista, Agojaraq, è il frutto della convivenza di un
piccolo gruppo di cacciatori di pelli con una generosa ragazza polare: cinque
sono i suoi possibili padri e ognuno di loro è convinto di essere quello vero.
Già in questo primo romanzo Riel fa mostra di una scrittura vivace e divertente
e descrive un mondo artico molto concreto, in cui la vita va vissuta ad ogni
costo e non si sopravvive senza tolleranza e senso dell’umorismo.
A questo seguono e la trilogia “La ragazza che cercò la madre del mare", 1972,
ed il romanzo "Prima di domani", 1975, ispirati a leggende Inuit.
L’universo descritto da Riel è il sogno, l’utopia di una comunità di uomini
senza confini nazionali, senza il diritto di proprietà, in cui la responsabilità
si costruisce nella lotta per la sopravvivenza e l’uomo non è giudicato in base
al potere materiale o alla forza fisica ma a partire “dal proprio essere e dalle
proprie azioni”. Un messaggio, questo, che ha catturato lettori di tutto il
mondo, che lo scrittore, ormai da anni in Malesia con la famiglia e un piccolo
branco di scimmie, ama da sempre incontrare durante i suoi frequenti e
irrinunciabili viaggi intercontinentali.
Nel 1995 riceve il premio dell’Associazione del Librai danesi come autore
dell’anno e nel 1998 il Premio della Letteratura Nordica in Francia.
In Italia sono pubblicati con Iperborea altri quattro suoi romanzi, sempre
ambientati in Groenlandia:
dell’ultimo abbiamo pubblicato una scheda in questa stessa sezione.
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