A qualcuno era venuto in mente tempo fa di organizzare un raduno nelle lontane
acque catanesi anche con lo scopo di promuovere il kajak da mare nei mari del
sud; l’idea è piaciuta a tanta gente e così abbiamo deciso di imbarcarci tutti
insieme da Napoli per arrivare a Catania la mattina del 29 dicembre...
L’ospitalità siciliana e le capacità inventive dei nostri ospiti hanno avuto la
meglio sulla lentezza meridionale, che come d’incanto aveva attanagliato tutti
sin dallo sbarco, e sulla pigrizia collettiva, che sembrava doverosa nei primi
giorni di vacanza; poi le cene luculliane preparate ad arte dalle padrone di
casa e lo sfavillante cenone di capodanno, cui qualcuno si è dedicato con
particolare cura e con notevoli risultati, hanno ulteriormente contribuito a
spegnere in alcuni l’entusiasmo marino e talvolta in acqua ci siamo ritrovati
solo in 4!
Però le giornate di sole non sono mancate, la temperatura saliva magicamente
anche a 16 gradi e la pioggia ci ha sorpreso in mare solo una volta ma per un
breve quarto d’ora; gli ultimi tre giorni, invece sono stati coronati da un sole
caldo e persistente che ci ha accompagnato fino al tramonto, da quelle parti
particolarmente infuocato, e che ci ha permesso anche di fare un silenzioso
rientro in notturna...
La sveglia mattutina è cadenzata sulle grida di giubilo dei nordici “fuori c’è
il sole” ed in un batti baleno siamo tutti pronti per uscire!
Gli imbarchi invernali attirano sempre un certo numero di curiosi
perché siamo decisamente buffi imbacuccati sotto giacche d’acqua, mute e
salvagenti... qualcuno indossa anche un improbabile copricapo di pelliccia con
forte spirito evocativo di Snoopy quando imita il Barone Rosso!
Costeggiamo la città nel suo tratto periferico verso Aci Castello e ci
imbattiamo presto nelle rovine ben conservate del castello medioevale arroccato
su uno sperone di roccia lavica creato 600 milioni di anni fa da un’eruzione
vulcanica sottomarina avvenuta a 600 metri di profondità (il vantaggio di
pagaiare con un geologo al seguito!)... ci avviciniamo ai Ciclopi che avremmo
modo di osservare meglio l’ultimo giorno, masse informi di pietra lavica
eruttata dalle profondità marine e di basalti colonnari ordinati in curiosi
giochi di lunghi steli arcuati che tanto ricordano le cattedrali di Palmarola...
sbarchiamo nel porticciolo di Aci Trezza per un pranzo frugale rapiti dai mille
colori del posto, quelli pastello delle casette basse affacciate sul mare
nero-petrolio e quelli delle barche blu e verdi tirate in secca: i lunghi nasoni
di legno delle lampare erano tutti rivolti all’insù come a guardare quel cielo
scuro già carico di pioggia.
Il primo dell’anno ci svegliamo inevitabilmente tardi e nel trasferimento
programmato a Scicli il bel tempo ci induce ad una deviazione verso Brucoli,
pittoresco paesino di pescatori sorto ai margini di un lungo fiordo scavato dal
mare segnalato all’ingresso dal faro più basso del mediterraneo.
A Scicli succedono due cose singolari: la prima è stata quella di assistere tra
lo scettico ed il divertito alla costruzione di un kajak divisibile, le cui fasi
sono state scrupolosamente documentate dagli scatti fotografici del nostro
ospite; la seconda è stata quella di entrare in un romanzo e di vivere per due
lunghissimi giorni al vita del Gattopardo, privilegiati ospiti di una squisita
famiglia siciliana proprietaria di un palazzotto signorile carico di maioliche,
mobili e stampe d’epoca, quadri settecenteschi, soffitti a crociera affrescati
con i colori caldi degli arredi, divani imbottiti e tavole imbandite... da
rimanere a bocca aperta!!!
A Marzamemi ci trasferiamo il 3 di gennaio, partendo di buon ora
ma lasciando alcuni a fare compere e a lavare calzini... e viviamo in kajak i
tre giorni più intensi della vacanza siciliana … uscite che non hanno mancato di
suscitare polemiche ma che sono state divertenti e spettacolari sia da terra che
da mare!
Purtroppo l’impatto visivo con la costa non è stato dei migliori ed anche un
occhio allenato come quello del nostro ospite geologo non riesce a chiudersi
sugli scempi perpetrati con sistematica pervicacia dall’abusivismo edilizio,
dall’assenteismo istituzionale e dalla assoluta mancanza di regole minime di
civile convivenza... scarichi fognari a cielo aperto perfettamente riconoscibili
navigando sotto costa, palazzine incompiute con le palafitte in cemento armato
dolorosamente conficcate nella scogliera, interi villaggi residenziali ancora
senza rete idrica ma rigorosamente affacciati sul mare.
Però ci godiamo anche lo spettacolo delle ciminiere di mattoni rossi restaurate
di fresco a far bella mostra di sé nelle tonnare dismesse, che sempre più spesso
ospitano riserve naturali, bucolici alberghetti o sontuose residenze estive... e
poi il gioiello del borgo marinaro di Marzamemi, un piccolo agglomerato di
casupole basse intorno ad una chiesa ormai sconsacrata contornata da vecchie
rimesse di mattoni dove trovavano riparo i tanti pescherecci del posto e che
hanno conservato ognuna il proprio scivolo in mare, leggero declivio ricavato
nel selciato del porticciolo, tanto che con l’alta marea le auto non possono
passare senza entrare nell’acqua fino agli sportelli... ma per entrare in kajak
che comodità!
Allora... nella prima uscita abbiamo lasciato alle nostre spalle una casina
rossa appollaiata su un microscopico isolotto proprio nel centro del porto e ci
siamo diretti alla volta della spettacolare Riserva Tafuri, grande residenza
estiva di una potente famiglia del luogo che ha conservato il fascino decadente
delle vecchie case coloniche impreziosite da colonnine e capitelli e ampie
verande sul mare... la tonnara confinante ha conservato pressocchè intatta
un’alta ciminiera di mattoni rossi sulla cui sommità sono stati incastonati i
profili stilizzati di due tonni come fosse un’insolita installazione d’arte
moderna a cielo aperto... il panorama che si gode dalla terrazza della villa
deve essere davvero mozzafiato, con il profilo nitido dell’isola di Capo Passaro
proprio di fronte ed una stretta lingua di terra che si protende verso il mare
aperto come a voler raggiungere il forte diroccato ed il faro che ancora
campeggiano sull’isola … la costa in quel tratto è molto bella ed ancora di più
lo sembrano i fondali: lunghe inclusioni di pietra lavica incuneate tra strati
rocciosi di diverso colore e l’acqua di un verde cristallino nonostante la poca
luce invernale... la cosa più curiosa che mi è capitato di notare durante la
sosta sulla spiaggetta chiusa tra le case presumibilmente abusive ai margini del
paesino, è stato il faro di Porto Palo, esemplare unico nel suo genere perché
svetta non sulla costa ma tra i tetti delle case del paese... poi l’Isola delle
Correnti attira la nostra attenzione, per il nome, per la posizione geografica
(estremo lembo di terra siciliana che sprofonda oltre la linea tunisina), per i
frangenti e per il tramonto... ci divertiamo con alterne fortune a cavalcare le
onde che frangono rumorose contro una sottile striscia di scogli che ci separa
dalle acrobazie effettuate sull’altro versante da qualche surfista solitario...
il rientro è colorato di un rosso luminoso e le nuvole assumono la consistenza
magmatica di grossi batuffoli imbevuti d’alcool ed in lenta successione prendono
la forma di un peloso barboncino e di una cremosa torta nuziale... il rientro in
notturna al porto è coronato dalla visita al presepe sottomarino allestito
proprio sotto una inquietante croce al neon blu...
Nella seconda uscita ci siamo scontrati con alti frangenti che
rompevano proprio sotto la diga foranea e che hanno reso difficoltoso l’ingresso
in mare aperto... il più esperto dei quattro “avventurieri” ha bucato male il
primo di una fitta serie di frangenti e si è ritrovato subito in acqua: la
sensazione generale è stata quella che gli altri tre avessero avuto un gran
colpo di fortuna... certo, lo spettacolo goduto dalla banchina del porto deve
essere stato davvero emozionante e si capiva bene dalle urla incomprensibili che
il vento faceva arrivare alle nostre orecchie... ricostituito il gruppo ci siamo
diretti alla volta della bistrattata ma bella Riserva naturale di Vindicari,
chiusa a terra da una larga corona di acquitrini verdognoli, che d’estate devono
diventare ritrovo privilegiato di insetti e zanzare, e delimitata a mare da una
solitaria casupola abbandonata sulla scogliera naturale che creava quel giorno
un invitante balletto di numerosi frangenti di varie dimensioni... anche questi
cavalcati con alterne fortune, prima durante e dopo l’atterraggio, sotto lo
sguardo vigile della numerosa truppa di istruttori e guide marine che ci avevano
fatto la gradita sorpresa di raggiungere via terra il punto di sbarco... il
rientro è stato un po’ più impegnativo perché si era nel frattempo alzata una
bava di vento e le onde lunghe di grecale si mescolavano disordinatamente con
quelle contrarie provocate dal vento di terra... in questi casi mi assale un
timore reverenziale per il mare e la concentrazione mi induce a contare le
pagaiate e lo sguardo rimane fisso sulla costa e spesso mi capita di commentare
a voce alta quello vedo e la fusione irraggiungibile con la barca diventa la
preoccupazione dominante e certe volte non vedo l’ora di rimettere i piedi a
terra... Abbiamo rischiato di dover rientrare cavalcando cavalloni incavalcabili
che ruggivano minacciosi fin dentro il porto ma poi abbiamo trovato rifugio
nell’ansa più riparata del porto nuovo e tutto è finito in bellezza!
Siamo tornati nel continente a malincuore, nelle orecchie ancora quella
seducente inflessione dialettale, gli occhi pieni dei colori sanguigni e la
bocca colma di sapori decisi di quella terra martoriata ed offesa, abitata da
gente bella e coraggiosa che ha saputo resistere all’abbraccio soffocante della
mafia e che ha saputo crescere generazioni intere di uomini saggi e propositivi
come i nostri impareggiabili ospiti.
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