Non pensavamo che un viaggio improvvisato potesse riuscire tanto
bene.
Rimaste orfane di una spedizione programmata da mesi ed improvvisamente
cancellata, non ci siamo perse d’animo: abbiamo cambiato destinazione, coinvolto
altri amici, concordato il viaggio e... siamo partite all’avventura, alla volta
di Corfù, Paxos e Antipaxos!
E’ stato il viaggio delle prime volte: Tatiana per la prima volta viaggiava in
kayak senza Mauro, Luisa per la prima volta viaggiava senza conoscere nessuno
degli altri partecipanti, Hanry per la prima volta viaggiava con scarse razioni
di birra nei gavoni, Raffaele per la prima volta viaggiava tanto a lungo su un
kayak doppio ed Ida per la prima volta... beh, lei faceva tutto per la prima
volta: saliva in kayak, impugnava la pagaia, rimaneva seduta nel doppio per due
settimane, cucinava in spiaggia e montava il campo sotto le stelle… non ha mai
imparato a fumare sottovento, ma l’abbiamo sempre perdonata perché la sua
presenza ha arricchito il viaggio!
Non pensavamo neanche che una compagnia improvvisata potesse risultare tanto
piacevole.
Un gruppo così eterogeneo e con esigenze tanto diverse avrebbe potuto risultare
pericolosamente esplosivo sin dal primo giorno di navigazione, invece la
passione per l’avventura, la disponibilità reciproca, la confidenza immediata,
la capacità di mediazione e l’elasticità del programma hanno assicurato a tutti
una vacanza piacevole, emozionante e davvero indimenticabile!
Corfù, meta turistica ambita ed alquanto vezzosa, ci ha accolto con distacco,
occupata a corteggiare vacanzieri facoltosi e nottambuli che affollano le sue
coste orientali con barche a motore di dimensioni smisurate... scegliamo di
costeggiare l’isola in senso antiorario per sfruttare i venti dominanti di
Nord-Ovest e appena superato Capo Varvara gli impressionanti alberghi a sette
piani color aragosta lasciano il posto a cale deserte, selvagge ed ancora
accoglienti, per chi come noi ama fare campeggio libero immersi nella natura, il
silenzio rotto dal gorgheggiare delle onde ed il vento caldo che sfilaccia le
nuvole all’orizzonte...
Un orizzonte lontano e vicino, il nostro orizzonte a Corfù: l’orizzonte lontano
delle isole nord-occidentali Diapontia, agognate e mai raggiunte perché la
traversata di 4 miglia era stata sconsigliata dalle onde spumeggianti e dal
vento in aumento (ovviamente contrario!); l’orizzonte vicino delle spettacolari
pareti di arenaria bianca del Canal d’Amour, così alte e stratificate da
ammaliarci per un giorno intero, naufraghi sugli scogli piatti di capo Drastis,
intenti a fare fanghi di argilla marina nera e maleodorante, ma che lascia la
pelle morbida e vellutata che quasi ti scordi di non esserti lavato da giorni;
l’orizzonte di nuovo lontano dello Scoglio di Kravia, che però abbiamo voluto
testardamente raggiungere sia per vivere la leggenda omerica che lo identifica
con la nave pietrificata di Ulisse e sia per assaggiare un po’ di mare mosso, un
po’ troppo mosso, forse, per i gusti di Ida, che è scesa dal kayak bagnata come
un pulcino però galvanizzata dall’esperienza; l’orizzonte di nuovo vicino della
costa occidentale quasi completamente disabitata, segnata dal terremoto del 1953
che su tutte le Isole Ioniche ha provocato visibili effetti e talvolta pesanti
danni strutturali, col vantaggio però di avere ostruito quasi tutti i passaggi
da terra a molte spiagge che risultano ora raggiungibili solo dal mare...
Fantastica la cala riparata di Porto Timoni, incoronata dai colori decisi e dai
profumi intensi della macchia mediterranea, dove Luisa si sarebbe fermata più a
lungo (per muovere un po’ di più anche le gambe, lungo gli spettacolari
sentieri, e non solo sempre le braccia), ma che invece è costretta a lasciare
troppo presto. Raggiungiamo così un po’ controvoglia la cala più ampia e battuta
dal vento di Agios Georgios: mentre Hanry cerca conforto in una taverna, Ida e
Raffaele riparo dal sole cocente sotto tendine, ombrellini e teli batik che
neanche un suk risultava più caotico, Tatiana si dedica alla sua passione di
riserva del “rock balancing” e Luisa interrompe le sue letture per immortalarla
in un momento topico...
Spettacolare ma affollato da molti bagnanti e troppi turisti il promontorio di
Angelokastro e di Paleokastritsa: imponenti falesie di calcare a picco sul mare,
con grotte e abissi profondi e un mare blu improvvisamente più freddo che
altrove, ma con troppe barche che ci fanno scappare velocemente.
Hanry non è mai riuscito a pronunciare correttamente il nome di questi luoghi,
forse anche per l’agitazione seguita ad un capovolgimento imprevisto tra gli
scogli... risolto in un batti baleno con un efficace salvataggio assistito che
coinvolge l’intero gruppo, compatto e solidale come si conviene a chi va per
mare... premiati allo sbarco dalle stalattiti di Ermones, una spettacolare
parete a picco sul mare completamente lavorata dall’acqua, goccia dopo goccia,
anno dopo anno...
Stiamo percorrendo da alcuni giorni la costa occidentale di Corfù e non ci siamo
ancora annoiati: il paesaggio è talmente vario ed interessante che non
smetteremmo mai di ammirarlo. Così improvvisiamo soste per fare una foto ed
assaporare da vicino le forme delle rocce erose dal mare, una diversa dall’altra
a seconda della loro natura geologica, o per vedere più da vicino la vegetazione
mediterranea o le colonie di topini (che non sono roditori, ma piccoli uccelli
simili a rondoni) che nidificano sulle tenere falesie di arenaria.
Di falesia in falesia arriviamo al vasto lago costiero di Korissia chiuso da una
lunga lingua di spiaggia deserta, come le grandi dune costiere immediatamente
successive. Sbarchiamo per una visita “guidata” nella macchia mediterranea,
approfittando delle conoscenze naturalistiche di Luisa: impariamo così a
riconoscere il corbezzolo, la fillirea, il ginepro coccolone, l’elicriso, il
mirto e il caprifoglio che adesso, insieme alle foglie di cappero, erica e salsa
pariglia, fanno bella mostra nei nostri diari di viaggio...
Indimenticabile il piccolo porticciolo naturale di Mega Horo dove, anche se
disturbati dall’arrivo di un nutrito sciame di vespe che lasciano il segno sulle
gambe di Hanry e sulle pance di quasi tutti, montiamo il campo più suggestivo
della vacanza, ai piedi di una piccola duna a mezza luna che biancheggia quasi
dello stesso colore... una casupola in pietra mezza diroccata ma con un’ampia
tettoia di canne e foglie di palma assiste silenziosa ed accogliente alla nostra
cena a base di cous-cous e verdure, ceci tostati e birra fresca... e siccome
abbiamo da poco fatto spesa, c’è anche il dolce per tutti!
Indescrivibile la baia di Arkodoula e tutta la costa meridionale fino a Capo
Asprocavos: un deposito di “uova di dinosauro”, sassi giganteschi perfettamente
levigati ed incastonati su scogli talmente aguzzi e tormentati da sembrare
lavorati all’uncinetto, è adagiato alla base di una scogliera altrettanto
particolare, resa ancora più suggestiva dal contrasto di luci e forme: alte
colline coniche scavate dall’acqua, il grigio spento dell’argilla sormontato dal
verde luminoso al tramonto di qualche raro ciuffo di euforbia ed il profilo
della laguna tanto simile a quello di un luna immota e lontana...
Nessuno all’orizzonte, solo qualche vela pigra nella caldissima baia di Lefkimis,
il fondale sabbioso talmente basso che il nostro termometro galleggiante segna
nell’acqua ben 36°, una sauna naturale sulla cui stretta spiaggia di sabbia e
poseidonia ai margini delle vecchie saline abbandonate scendiamo per raccogliere
quello che di bello il mare conserva e restituisce: piccoli coralli, conchiglie
ed antichi frammenti di ceramica (manici di anforette, puntali ed incensiere), e
anche una corazza bianca di un riccio di profondità, sottile, trasparente e
delicata come porcellana cinese!
Un orizzonte sempre aperto, di sole dorato e di azzurro argenteo, l’acqua calda
e le previsioni meteo favorevoli... ed Hanry che ci contagia con la sua canzone,
dal tipico ritmo scozzese, composta appositamente per questo viaggio “I’m going
down to the sea, my kayak, paddle and me... beachs here, beachs there, lots of
wave everywhere”.
I continui mutamenti di programma sono ormai diventati una gag: stamattina il
capo gruppo propone piano A - piano B - piano C... invece di creare tensione, la
cosa ha finito per unire ancora di più il gruppo perché il confronto continuo ha
offerto a tutti la possibilità di esternare dubbi, confessare paure e proporre
soluzioni geniali... ogni mattina dopo colazione guardavamo il cielo ed il mare,
ascoltavamo le previsioni meteo, studiavamo le carte nautiche e dopo un’attenta
analisi dei pro e dei contro di ogni piano proposto, sceglievamo insieme il
programma della giornata, col vantaggio di vivere tutti il viaggio da
protagonisti, di partecipare insieme alle decisioni e scoprire tutti le
esigenze, le aspettative ed anche i timori dei membri del gruppo... molto
costruttivo, un viaggio partecipato e condiviso!
Anche parecchio “sfigato”, dobbiamo dire: Luisa bloccata dai dolori della
cervicale, Ida che si sbuccia un dito ed un ginocchio, Hanry vittima di una
ustione di terzo grado al polso dopo aver perso l’orologio nel rovesciamento tra
gli scogli, Tatiana reduce di quattro punti sulla gamba destra tagliata dal
timone del doppio durante un imbarco… l’unico sano sembrava rimasto Raffaele
che, però, è stato vittima di uno strano virus italiota che gli induceva
esilaranti parodie di personaggi celebri e racconti appassionati di opere
liriche, brani scelti dal libretto e dalle partiture orchestrali...
Il ricordo forse più bello della vacanza è stato quello del campo notturno sulla
vecchia nave in disarmo trasformata in chiatta: superato il porto turistico ed
il porto mercantile di Kerkira, il pittoresco capoluogo dell’isola affacciato
sul mare turchese da alti bastioni, torrette e castelli che non facilitano certo
lo sbarco a terra di piccoli natanti, non trovavamo un luogo adatto per l’ultima
notte su Corfù... ci siamo così adattati a montare le tende dentro una chiatta
galleggiante un po’ arrugginita, ma incredibilmente accogliente, leggermente
dondolante ed assolutamente ineguagliabile... picchetti con sassi, tiranti
fissati ai corridoi laterali, cucina allestita sul ballatoio e luna piena con
eclissi totale a tenerci compagnia (insieme ai fari accesi delle auto in sosta
davanti alle discoteche più frequentate dell’isola!).
Così è filato tutto liscio fino a Paxos ed Antipaxos... traversate in traghetto,
con la “fregatura” del doppio trasbordo perché l’unica linea diretta tra le
isole è riservata ai soli passeggeri... ma la fatica di scendere e salire col
carrellino al seguito per 5 volte in 5 giorni è di gran lunga stata superata dal
piacere di scoprire due isole... piccole ma piene di meraviglie
naturalisticamente perfettamente conservate.
Entrambe di calcare bianchissimo, solcato da bizzarre forme di erosione eolica e
marina, Paxos offre molte spiagge sul versante orientale, tre piccoli paesi
molto affollati in alta stagione ma ancora seducenti nella loro semplicità...
sul versante occidentale, invece, nasconde uno dei tesori meglio conservati del
Mediterraneo: grotte, faraglioni, archi naturali, insenature nascoste e due sole
calette di ciottoli per lo sbarco! Una piccola Zante, poco più di 5 miglia di
meraviglie naturali che in kayak si apprezzano meglio che su qualunque altra
imbarcazione!
Antipaxos, invece, è quasi completamente disabitata, poche casupole di contadini
e pastori restaurate ad arte ed ancora completamente immerse nella rigogliosa
vegetazione dell’isola (ulivi, filari di uva coltivati da mani invisibili,
querce e macchia mediterranea ovunque), pochissimi villeggianti trasferiti
sull’isola una volta al giorno dalle golette locali, due ristoranti e due bar
che però abbiamo trovato già sul punto di chiudere per il fine stagione (al 18
di agosto!), ed un cartello improbabile sotto una chiesetta: “Vietata la
montata: isoletta privata”!
Abbiamo tenuto il campo per due giorni sulla stessa spiaggia di ciottoli di
Voutomi, dove anche un gruppetto di naturisti ateniesi aveva sistemato le
centinaia di cose scaricate dai due gommoni... con un ottimo italiano studiato
nelle nostre università ci hanno invitato a cenare con loro per consumare il
troppo pesce pescato. Per sdebitarsi dell’aiuto offerto ad ancorare meglio il
gommone sballottato dal mare gonfiato nella notte ci hanno poi lasciato
spaghetti e sughi pronti, e soprattutto una apprezzatissima bottiglia di ouzo,
rinomato liquore locale a base di anice.
La nostra tavola serale si è arricchita anche di natura con le erbe della
macchia mediterranea: mai cucinato con la “santoreggia”? profumo intenso tra
l’origano e la mentuccia che rende unica l’insalata di pomodori freschi conditi
col rinomato olio di oliva locale!
Abbiamo effettuato il periplo completo dell’isola nei due giorni di soggiorno,
da alcuni destinati al riposo completo, da altri alla scoperta dei sentieri
dell’interno… ma le tracce riportate dal GPS sono completamente differenti: la
prima larga e tonda che sembra la circumnavigazione di una grande isola
vulcanica, i kayak che pagaiano al largo per le forti correnti e per le onde
alte qualche metro che spingono il doppio alla velocità impressionante per
l’equipaggio di ben 8 nodi; la seconda stretta e tortuosa a disegnare il
perimetro frastagliato dell’isola, i kayak che si infilano in ogni anfratto
della costa perché il giorno dopo il mare era già calato... anche se il
passaggio dei due capi più settentrionali dell’isoletta ha provocato qualche
nervosismo: lì le “lavatrici”, come le chiama Tatiana, erano ancora in funzione
a piena centrifuga e Luisa non si è affatto divertita !
I saluti dal molo di Igoumenitza a Ida e Raffaele che salivano su un traghetto
diverso dal nostro per tornare a casa sono stati funestati dalla attività
poliziesca delle autorità portuali, impegnate a respingere decine di profughi
afghani, con il biglietto per l’Italia, donne e bambini distesi sui tappeti, in
attesa da giorni di potersi imbarcare... e Ali di forse 6 anni che ci accompagna
avanti e indietro con i kayak al seguito... noi torniamo dalle vacanze, loro
scappano dalla guerra.
Emozione, solidarietà, amicizia, entusiasmo, scoperta... tutto questo ed altro
ancora è viaggiare in kayak da mare! |