Abbiamo scelto il fine settimana concomitante con un raduno annuale
sul Lago d’Iseo per stare tre giorni in kajak sul lago... e siamo stati
ampiamente ripagati dalle bellezze del luogo!
E’ sicuramente uno dei laghi più belli d’Italia, raccolto in una profonda gola
prealpina, alimentato dal fiume Oglio che proprio nel lago segna il confine tra
Bergamo e Brescia, ancora poco conosciuto perché fuori dalle tradizionali rotte
turistiche, contornato di piccoli paesi tra cui spicca per bellezza proprio la
cittadina che dà il suo nome al lago.
Lo abbiamo raggiunto in auto seguendo la bella strada statale che costeggia per
un lungo tratto il piccolo e silenzioso lago di Endine ed abbiamo fatto base a
Lovere, incantevole cittadina adagiata sulla riva che chiude a nord-est il
lago...
Il lago di Iseo non è né troppo grande né troppo piccolo ed in tre giorni siamo
riusciti a coprirne l’intero perimetro, con una media giornaliera di 25-30 km;
vale davvero la pena di visitarlo, ed il modo migliore per conoscere a fondo le
sue meraviglie è proprio quello di navigare sulle sue acque, in kajak,
naturalmente!
E’ un luogo carico di fascino, pieno di bellezze naturali e ricco di
testimonianze storiche!
Le incisioni rupestri della vicina Val Camonica sono state dichiarate
dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità per la straordinaria traccia
lasciata dall’uomo dell’epoca paleolitica con le incisioni di figure umane ed
animali sulle tipiche rocce piatte e levigate del posto.
Le curiose “piramidi” di Zone si affacciano sul lago facendo capolino dalla
stretta vallate che le ospita, alte guglie rocciose sormontate da instabili
cappelli di pietra che talvolta rotolano giù, testimoni dell’antica opera di
erosione del ghiacciaio che occupava la Val Camonica e che ha poi dato vita a
questi smilzi guardiani del luogo.
Le torbiere di Iseo si adagiano ai piedi dei rinomati vigneti collinari della
Franciacorta in un labirinto inaccessibile di canali paludosi e fitti canneti
dove trovano rifugio aironi, cigni e folaghe... la sola cosa che ci ha lasciati
alquanto perplessi è stata quella di pagaiare vicino ai capanni dei cacciatori
perfettamente mimetizzati sotto una fitta coltre di frasche e sistemati
strategicamente proprio sul limitare della riserva naturale “protetta”,
interdetta finanche alla navigazione a remi... ma forse non del tutto interdetta
alla attività venatoria!
Ma di tutte queste meraviglie non abbiamo affatto goduto a causa del maltempo...
è venuta giù una pioggerellina fitta e leggera (quella che i vecchi siciliani
chiamano “azzuppa viddrano”) che ci ha accompagnati per tre gironi interi e che
ha sempre coperto il cielo e la visuale!!!
In quelle condizioni era impensabile ammirare il panorama... l’unica fetta di
mondo visibile era quella a poca distanza dalla costa!
Si potevano solo intuire le alte cime dei monti innevate e le vallate macchiate
di neve, le vecchie cave di pietra che hanno subito attirato la mia attenzione
perché disegnano in quota le fiancate scoscese delle montagne con tagli
geometrici e righe parallele, quasi fossero sculture a cielo aperto! Però le
rive del lago sono davvero spettacolari... dovunque!
Abbiamo trovato rifugio nell’unico Bed & Breakfast di Lovere ma a
dispetto del nome non ha il giardino sul lago né lo scivolo dal quale speravamo
di imbarcarci; però si trova a due passi dal Circolo Canottieri Sebino, situato
proprio ai margini del nuovo porticciolo turistico e gestito da un folto gruppo
di simpatici giovanotti dai capelli bianchi; abbiamo ricevuto un’accoglienza
calorosa ed una ospitalità inaspettata: ci hanno fatto imbarcare dal pontile
nuovo fiammante e hanno ricoverato i nostri kajak per la notte in una sala
barche di gran lusso... qualcuno però non ha nascosto la sorpresa nel vedere
queste barchette assai strane nelle forme e nelle dimensioni e ci ha chiesto se
per caso non ci stavamo allenando per una “solitaria” (in due?!?) sull’oceano...
Siamo rientrati solo all’imbrunire, nonostante il cattivo tempo, e solo dopo
avere perlustrato minuziosamente ogni anfratto e dopo aver raccolto numerosi
pezzetti di scisti, schegge allungate di pietre nere che mi hanno ispirato una
serie di collane per la mia nuova attività “artistica”...
Il primo giorno siamo scesi lungo il versante bergamasco del lago ed
abbiamo lentamente proseguito fino a Tavernola incontrando subito una lunga
serie di bellezze naturali!
Subito dopo il piccolo borgo medioevale di Castro, si susseguono una fitta serie
di piccole insenature, senza spiaggia perché la montagna cade a strapiombo sul
lago... si incontra subito una cappella naturale di muschio e felci resa
particolarmente bella dalla miriade di goccioline d’acqua che si insinuano tra
le tenere foglioline verdi come fossero tante luci intermittenti, che dopo aver
animato l’intera volta cadono gorgogliando sulla superficie del lago come tanti
fili di perle... sono rimasta ferma lì sotto qualche minuto per godermi lo
spettacolo che si sprigiona da quell’angolo: un concerto animato!
Subito dopo si entra nella gola spettacolare dell’Orrido di Zorzino, dal nome
inquietante ed indimenticabile di Bogn, sovrastata da una parete altissima di
rocce piatte e levigate che si tuffano a strapiombo nel lago, orientate in linee
perfettamente verticali e sfalsate quel tanto per mostrare un’ampia faccia
grigia lavata dall’acqua...
La vecchia strada costiera correva in quel punto proprio a pochi metri sul lago,
costretta da un muretto di contenimento che non ha retto alla furia delle
frane... hanno dovuto costruire una bretella parallela che corre più interna in
gallerie ravvicinate e che in alcuni tratti è protetta da possenti reti di
acciaio tra le cui maglie sono rimasti minacciosamente intrappolati troppi
sassi!
Sembra che stiano ripristinando la vecchia lungo-lago per le escursioni
turistiche, anche se non riesce a contenere neanche un pulmino elettrico per
quanto è stretta la corsia scavata nella roccia, ma ci sono dei piccoli
belvedere che si aprono lungo il tormentato tracciato stradale, incorniciati tra
qualche raro cipresso e che offrono un colpo d’occhio sul lago davvero
spettacolare... in alcuni tratti del versante bergamasco, poi, si susseguono a
tre livelli la vecchia stradina ormai dismessa, la ferrovia per il trenino a
gasolio che passa fischiando e la nuova strada rumorosa di traffico che corre
ancora più in alto, creando tutte insieme un inquietante gioco di archi e
muretti e fori neri nel fianco della montagna...
Arrivando a Tavernola ci si imbatte in uno spettacolo insieme esaltante e
deprimente: il nuovo cementificio; la cava ha mangiato una buona fetta della
montagna, e tra le sue alte pareti smozzicate corre una lunga strada obliqua che
aggiunge ferita a ferita... hanno cercato di attenuare l’impatto ambientale
dipingendo quelle imponenti strutture con tenui colori pastello ed il tutto
emana ancora un certo fascino forse solo perché sono state conservate le vecchie
ciminiere di mattoni rossi che delimitano l’ingresso dello stabilimento... però
sotto la pioggia è tutto molto triste!
Quando il secondo giorno siamo tornati sul lago la pioggia ci ha
dato il benvenuto...
Il percorso che avevamo deciso di seguire ci ha fatto superare velocemente
l’imponente acciaieria di Lovere dove incessante una elettrocalamita trasporta
ferraglie lungo un binario coperto e dove costanti si alzano le fumate bianche
delle scorie raffreddate dal getto d’acqua e dove persistente aleggia un forte
odore di ferro bruciato...
Abbiamo lentamente costeggiato fino alla foce del fiume Oglio, perlustrato per
un breve tratto, preoccupati più di evitare le secche melmose ed il volo rasente
dei cigni indispettiti che di ammirare il panorama, in quel tratto davvero poco
attraente... quando i cigni passano vicini al kajak volando sul pelo dell'acqua
somigliano magicamente a grandi pecore con le ali ed il rumore del loro battito
diventa piuttosto inquietante...
Poi abbiamo seguito la riva bresciana del lago lungo il piccolo paesino di
Pisagne dove sulla riva abbiamo intravisto la strana statua di marmo bianco di
un cavallo gigantesco (un po' de-contestualizzata); la sola difficoltà
incontrata, senza contare più la pioggia, è stata quella di trovare un morso di
spiaggia dove scendere per le soste tecniche (aumentate a dismisura a causa di
una pizza allo speck e gorgonzola della sera prima e che mi ha fatto bere tutta
la notte!); siamo dovuti arrivare fino a Marone ed abbiamo anche rinunciato ad
usare il fornello per scaldarci la polenta per il pranzo perché sotto lo spoglio
salice piangente che ci ha accolto sulla riva la pioggia ha continuato a cadere
incessante e ci ha presto convinti a riprendere la marcia.
Il rientro a Lovere è stato sempre favorito dal vento, che si alza
così puntuale da meritare il nome “l’ora” e che ci ha permesso di navigare nel
bel mezzo del lago a velocità alquanto sostenute, smentendo per una volta la
tradizione che vuole i rientri sempre con il vento contrario!
Abbiamo trascorso le serate nell’accogliente salone del B&B, disturbati solo
dall’odore fetido dell’attrezzatura messa ad asciugare in camera... il vantaggio
di pernottare in tenda è anche quello di non essere minacciati dai miasmi delle
mute e dei calzari... ah, salutare campeggio!
La domenica mattina di buon’ora abbiamo salutato la nostra gentile padrona di
casa e seguendo i tortuosi tornanti della strada costiera ci siamo diretti al
punto di ritrovo.
L’incontro a Sale Maresino con altri 10 “forzati del kajak” è stato confortante
perché abbiamo capito di non essere soli, o per lo meno di non essere I soli che
escono in kajak anche quando piove incessantemente da tre giorni... dopo i primi
frettolosi saluti sotto la immancabile pioggia siamo partiti decisi alla volta
di Mont’Isola, lasciandoci velocemente sulla sinistra il paesino più
caratteristico di tutto il lago: Peschiera Maraglio, con le sue casette di
pietra ed il campanile che sembrava salutare il nostro passaggio...
La più grande isola lacustre di tutta Europa non ha ricevuto un nome molto
originale, per essere un monte proprio sui un’isola, appunto... è così alta che
la cima del monte non si riusciva neanche ad intravedere, tanto fitte erano le
nubi che la circondavano... è tanto alta quanto piccola, e navigarle intorno ci
ha portato via poco tempo, o forse il tempo è volato via per le chiacchiere
allegre con gli amici ritrovati... in occasioni come questa ci si scambiano
impressioni sulle nuove pagaie e sulle tecniche di navigazione e
sull’abbigliamento più adatto a sopportare le temperature rigide del nord (alle
quali ormai sto facendo l’abitudine, tanto che nelle uscite invernali sotto casa
mia non uso più neanche la muta!) e non ultimo sulle capacità mangerecce dei
kajaker, impegnati a dare libero sfogo alla loro creatività culinaria
cimentandosi con saporiti minestroni di verdura o salate polente con le acciughe
e destreggiandosi in arditi giochi di equilibrismo circense con le pentole ed in
fornelli in bilico sui ciottoli del lago!
Abbiamo scelto di fare sosta a Predore dopo aver costeggiato un lunga fila di
alberi di cui vorrei tanto conoscere il nome e che qualcuno ha magistralmente
fotografato; spogli e silenziosi erano molto suggestivi avvolti dalla foschia e
con le possenti radici a mollo nel lago, allineati ordinatamente lungo la riva
come a segnare il confine tra acqua e terra, ignari testimoni dello scorrere del
tempo e del muto passaggio dei nostri kajak … poi siamo ripartiti, sempre sotto
la pioggia, tagliando l’ultimo tratto per puntare decisi sull’altra
sponda,proprio dove si adagiano le torbiere, rese invisibili da una fitta
cortina di canne e da una altrettanto fitta cortina di nebbia!
Ho dato fastidio ai cigni che sonnecchiavano sul lago dondolati da una leggera
corrente e qualcuno mi ha giustamente rimproverata per avere fatto alzare in
volo dei cigni che oramai sono decorativi e perdono anni di vita solo per
volare... ma ad onor del vero erano loro che tornavano a posarsi sulla rotta del
mio kajak!
Il rientro è stato caratterizzato da un inspiegabile fuggi-fuggi e solo un paio
di noi hanno potuto trovare rifugio sul camper per assaporare una meritata
minestra calda...
Testo ed immagini di Tatiana Cappucci |