Il raduno organizzato dagli amici livornesi prevedeva la traversata
alle secche della Meloria, tre miglia al largo del porto della città.
Le secche sono decantate dagli storici per una famigerata disputa tra le
marinare Pisa e Genova, e dai navigatori per le insidie dei fondali che scendono
a 3-5 metri di profondità...
Un faro ed una torre di pietra dal bel portone ad arco acuto vagamente
arabeggiante, si stagliano lontani quasi sulla linea dell’orizzonte come per
farsi compagnia in mare aperto.
Ma poi non è arrivata l’agognata autorizzazione della Capitaneria di Porto,
nonostante l’impegno profuso nella ricerca di una barca di appoggio per rendere
ufficiale la traversata... “neanche se vi accompagna un transatlantico”, pare
sia stata la risposta lapidaria della Capitaneria...
Così siamo dovuti rimanere “sotto costa”! Però ci siamo presentati numerosi
all’appuntamento ed abbiamo contato in acqua 28 kayak il sabato e 22 la
domenica...
Siamo partiti dal porticciolo di Antignano, imbarcandoci comodamente dagli
scivoli che sono usati con frequenza dalle tante canoe ordinatamente disposte
sulle rastrelliere (e chiuse con pesanti lucchetti per... far stare tutti più
tranquilli) insieme al manipolo di vecchi pescatori che si ritrovano al Circolo
la domenica mattina per giocare a tre sette e che, insieme, conferiscono a quel
porticciolo l’aria di un luogo animato e colorato...
Abbiamo costeggiato per un lungo tratto fino a Rosignano Solvè, ammirando i
castelletti primo novecento che fanno capolino tra la fitta macchia mediterranea
che ricopre i morbidi promontori che pare abbiano ispirato le tele di tanti
pittori locali... la costa è molto antropizzata ma offre ancora scorci di una
qualche suggestione in un rapido susseguirsi di piccole calette che si fatica a
capire come possano essere raggiunte dalla strada... non potevano mancare, anche
in questo spicchio di Belpaese, le irritanti testimonianze dell’abusivismo
edilizio e del conseguente scempio ambientale: senza voler parlare dei
muraglioni di contenimento delle case in riva al mare periodicamente minacciate
dalla furia delle acque, mi ha indispettito oltre misura quell’imponente
viadotto dai pilastri di cemento armato disposti a quadratoni che ho
stupidamente utilizzato come punto di riferimento sulla costa quando abbiamo
navigato al largo...
Siamo sbarcati dopo una decina di miglia su una spiaggia “caraibica”!
La sabbia è talmente bianca da rendere l’acqua colore dello smeraldo e le basse
dune retrostanti sembrano messe lì apposta per incoronare un piccolo angolo di
paradiso; mancava solo qualche palma per rendere lo scenario più credibile e, ci
hanno detto gli amici livornesi, che quando serve per girare spot pubblicitari
le palme finte ce le portano per davvero!
Ma il difetto del posto salta subito agli occhi: le ciminiere tozze e fumanti
dello stabilimento che ha preso o dato il nome al paese... l’uso della soda ha
sbiancato il mare ed i residui che dicono essere naturali hanno reso l’acqua
della trasparenza del latte... sulla spiaggia bianca non si trovano più
conchiglie che raccontano i suoni del mondo, ma solo sassi finti che hanno
assunto forme improbabili e inquietanti.
Però se si danno le spalle alle ciminiere e si guarda il mare sembra davvero di
stare ai Carabi, almeno fin dove arriva la linea bianca della soda... non fosse
per quel brutto pontile che dovrebbe facilitare il rifornimento di mercurio (?)
e che rovina un po' la visuale...
Qualcuno allora ha pensato bene di farci ripartire subito per evitare che
svanisse l’incanto di quella visione e dopo un salvataggio provocato da qualche
frangente dispettoso, abbiamo ripreso la via del ritorno... ed è stato un lungo
ritorno!
Presi dall’entusiasmo di una leggera brezza a favore che al mattino ci aveva
fatto pagaiare senza sforzo, molti di noi non avevano ben compreso di aver
pagaiato già per una ventina di chilometri e che con il maestrale rinforzato del
pomeriggio non sarebbe stato poi uno scherzo percorrere la stessa distanza...
sono state forse sopravvalutate le capacità di resistenza dei “sottocostini”
perché cinque ore contro vento hanno messo a dura prova i muscoli ed i nervi
anche dei meglio intenzionati!
Sono i momenti in cui o apprezzi ancora di più il kayak o arrivi a detestare
questo modo bislacco di andare per mare... le pagaiate si susseguono lente e
silenziose, sempre uguali, lo sforzo non sembra ricompensato perché le distanze
non si accorciano, se poi scegli un viadotto come riferimento ti scappa pure di
incazzarti, le onde contrarie rallentano il kayak e qualche spruzzo inatteso ti
fa capire che l’estate è ancora lontana... però non c’è modo migliore per godere
dei colori cangianti del mare, per gustare i sapori del vento che porta i
profumi della terra colorata di primavera, per ammirare lo spettacolo del sole
che si tuffa nel mare e che piano piano fa calare il sipario sullo spettacolo
della natura... Raggiunto l’ultimo promontorio ho incominciato ad avere le
visioni: un letto morbido... avrei dovuto passare la notte in tenda ma ormai
sognavo solo di poter dormire... il mio desiderio è andato crescendo
vertiginosamente tanto che subito dopo mangiato sono fuggita via senza salutare
nessuno!
Della cena ricordo solo le cozze d’ingresso ed il dolce di... "polistirolo"...
oltre alle tante risate che sempre in queste occasioni condiscono la serata,
specie quando le abbondanti libagioni sono innaffiate di numerose brocche di
succo d’uva e spremuta di limoni...
Il giorno dopo, la domenica, quasi a volersi far perdonare, gli amici livornesi
avevano accentuato quel loro accento dialettale che mette tanta allegria e ci
avevano lasciato entrare in acqua con una calma meridionale: alle 11 eravamo
(quasi) tutti in formazione fuori dal porticciolo ed i più gioivano al solo
pensiero che quel giorno si sarebbe pagaiato poco (ma alla fine sono usciti dal
GPS altri 21 km!).
Meta stabilita: il porto di Livorno ed i canali interni, alla scoperta di una
città sull’acqua che ha dato il nome di Venezia al suo quartiere più
caratteristico e che ci ha mostrato una faccia sonnacchiosa da domenica mattina,
panni stesi al sole, niente traffico e carrozzine sul lungo mare per far
prendere il primo sole ai bimbi (ma chi l’ha detto che non si fanno più
figli?!?)... abbiamo fatto il giro della fortezza vecchia, protetta da alte mura
di mattoni rossi che però non hanno saputo difendersi dalle radici degli alberi
di fico, e siamo poi dovuti passare sotto un ponte lungo 300 metri che solo ai
livornesi poteva venire in mente di far passare sotto alla piazza centrale...
bello è bello, ma entrarci dentro è un po’ buio e ti fa venire subito voglia di
schizzare fuori...
Bello è stato anche o sbarco sulla spiaggetta a mezza luna formatasi proprio ai
piedi della lunga diga foranea, pure quella a mezza luna; abbiamo mangiato
seduti in perfetto ordine lungo la gradinata e quando si è trattato di ripartire
siamo stati salutati dalle sirene di una nave porta container in uscita dal
porto. Abbiamo così assistito alla spettacolare lavoro dei due rimorchiatori che
a prua e a poppa della nave seguivamo direzione opposte per cercare di farla
virare... mi sono emozionata pensando che eravamo tutti in acqua e tutti in
movimento, noi sui nostri barchini microscopici e loro su quella mastodontica
montagna di container!
Che non è come vedere le navi dal molo che escono lente dal porto, perché in
quel momento stavamo davvero navigando insieme, nelle stesse acque... a velocità
diverse, certo, ma noi almeno non eravamo al traino! Il rientro è stato
accompagnato da un bel sole finalmente caldo da un ritmo lento e rilassato nel
pagaiare... all’arrivo ci hanno accolto con un bel cappellino del “Circolo
Velico Gruppo Kayak” di Antignano e soprattutto con dei profumati piatti di pane
e pomodoro (peccato solo che i toscani abbiano inventato ‘sto pane senza sale!).
Poi i saluti, e come spesso accade i primi ad andar via sono proprio i locali,
gli ultimi quelli che devono macinare più chilometri... una nota di colore: per
ammazzare l’attesa del treno notturno che mi avrebbe dovuto portare a Napoli in
tempo utile per riprendere a lavorare la mattina dopo, sono andata al cinema e
ho scoperto che i livornesi ci vanno a vedere le partite! Quando poi sono
arrivata in stazione il mio treno portava quasi due ore di ritardo (un classico,
direi!); ho fatto l’errore di accomodarmi in sala d’attesa e l’errore più grave
di addormentarmi... ho perso treno, prenotazione e cuccetta, e la mattina dopo
al lavoro ero uno straccio!
Cosa non si fa per amore del kayak!
Testo di Tatiana Cappucci.
Immagini di Mauro Ferro e Tatiana Cappucci. |